Una vita dedicata anima e corpo al servizio degli altri: all’interno, per difendere i diritti dei colleghi e la loro dignità, in particolare per le colleghe che sin dai primi anni del loro ingresso hanno dovuto lottare per essere accettate e per avere pari dignità e pari opportunità, all’esterno per sostenere e aiutare le donne in difficoltà vittime di soprusi e violenze cercando di realizzare luoghi e sistemi che le aiutassero ad uscire dal tremendo tunnel in cui erano state catapultate.
Talmente eri attenta a questa tematica che non solo hai portato importanti e pionieri contributi per le pari opportunità delle donne poliziotto, ma hai collaborato alla costruzione dei centri antiviolenza affiancando situazioni e persone grazie alle quali, oggi, nel nostro Paese abbiamo seminato il seme della cultura dell’attenzione verso i drammi e le violenze che colpiscono le donne.
Questa tua disponibilità e questo stare insieme alle cittadine in difficoltà ti ha fatto scambiare per una di loro, perché avevi acquisito il loro modo di pensare trasmettendogli il nostro modo di agire. Hai fatto comprendere l’essenza della nostra professione e, parlando come una di loro, hai conquistato la loro fiducia, la loro stima. Una stima che, grazie al tuo agire, è stata ricambiata da tutta la società civile nei confronti del SIULP e della stessa Istituzione polizia.
Grazie Rita, per quello che hai fatto in tutti questi anni per noi, per le nostre colleghe e per tutte le donne; e grazie, soprattutto per il modo concreto oltre che discreto, con il quale hai saputo starci al fianco.
Le chiacchiere inutili, lo so, non ti sono mai piaciute: però permettimi, solo per una volta, di dirti che è grazie a donne come te che la storia cambia.
Sei stata tra quelli che non hanno ceduto al canto delle sirene e alle poltrone facili, perché hai creduto nel SIULP, il sindacato dei poliziotti, e per questo sei rimasta fedele al tuo credo ideologico ma anche alla nostra Organizzazione e hai contribuito a vincere la scommessa che ancora oggi è valida: l’unico sindacato confederale che i poliziotti volevano era il SIULP.
La storia ci ha insegnato, e tu lo hai confermato con il tuo modo di essere, che non sono i generali, i principi o i grandi condottieri che modificano il corso delle cose umane: sono gli uomini e le donne come te che lavorano in silenzio, che si concedono senza riserva, che si mettono al servizio degli altri senza chiedere nulla in cambio, che amano e credono, e che difficilmente appaiono. Sono queste persone che davvero fanno la Storia, le persone come te.
Umbra, e con un senso del concreto degno di una emiliano-romagnola: hai affrontato con la stessa energia e la stessa concretezza, quel tuo male terribile.
Lo hai trattato come fosse stato un mal di testa, una sorta di fastidio che ritarda il lavoro, che al massimo poteva far saltare le serate con gli amici, ma mai arrestare il tuo essere sindacalista e sbirra.
Non gli hai dato importanza e lui, a tradimento, si è vendicato.
Ma hai saputo affrontare anche questa ultima sfida con quel tuo solito atteggiamento beffardo, da umbra verace, da donna forte e convinta; come un’eroina dei libri di avventura, o come quei marinai che, dopo un po’ che stanno a terra, devono per forza ripartire per un altro viaggio, a qualsiasi costo, perché da fermi si annoiano.
E questo è stato il tuo modo beffardo e sfrontato di vendicarti sul tuo male.
Tra i bagagli di questo tuo ultimo viaggio troverai uno scrigno speciale: in esso vi saranno tutti i saluti dei siulpini che ti hanno voluto bene, anche quelli con cui, per colpa di qualche lite inutile ed esageratamente umana, non hanno avuto la forza di chiamarti o di scusarsi per i battibecchi che avevate avuto. Ma su tutti troverai un biglietto speciale, delle donne e degli uomini del Siulp: mi hanno pregato di fartelo avere.
C’è scritto: “Ciao Rita, sarai sempre con noi, non ti dimenticheremo mai”. Nemmeno io.
Felice
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