Arriva dal ministero delle Finanze la previsione a partire dal 1° gennaio: 2,05 euro per chi ha il minimo Inps
Ministero dell’Economia e delle Finanza con Decreto del 15 novembre 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n, 278 del 27 novembre, ha comunicato, in via previsionale, la percentuale di incremento per il calcolo dell’aumento di perequazione automatica delle pensioni per l’anno 2020, nella misura dello 0,4%.
Tale percentuale si applica nella misura del 100% sulle pensioni di importo fino a 3 volte il minimo INPS, cioè euro 1.539,00; dello 0,388% (97% dello 0,4%) per quelle da 1.540,00 a 2.052,00; dello 0,308% (77% dello 0,4%) da 2.053,00 a 2.565,00; dello 0,208% (52% dello 0,4%) da 2.566,00 a 3.078,00; dello 0,188% (47% dello 0,4%) da 3.079,00 a 4.104,00; dello 0,180% (45% dello 0,4%) da 4.105,00 a 4.617,00 e dello 0,160% (40% dello 0,4%) per quelle di importo superiori a 4.617,00 euro mensili lordi, 9 volte il minimo INPS.
Se poi sarà approvata definitivamente la modifica inserita nella legge di stabilità 2020 (il 100% fino a 4 volte il minimo INPS, anziché il 97%), la differenza in più per il pensionato interessato sarà di 25 centesimi di euro mensile lorda).
Sulla base di tale previsione abbiamo calcolato l’aumento per i pensionati a decorrere dal 1° gennaio 2020 e, come si evidenzia con il prospetto allegato, un pensionato al minimo INPS dal primo gennaio del prossimo anno avrà un aumento mensile di 2,05 euro, mentre i pensionati c.d. d’oro avranno aumenti mensile di diverse decine di euro.
Nel nostro Paese sin dal 1945 era previsto uno strumento (la vecchia scala mobile) volto ad indicizzare automaticamente i salari e le pensioni in funzione degli aumenti dei prezzi, allo scopo di contrastare la diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita. Il punto di contingenza era identico per tutti i settori e in tutta l’Italia.
Tale strumento, nel corso degli anni, ha subito moltissime modificazioni e denominazione. Il sistema di “perequazione automatica delle pensioni” è stato introdotto per la prima volta nel 1965, con la legge n. 903/65. Dal 1° maggio 1984, poi, con l’art. 21 della legge 27 dicembre 1983 n. 730, è stato stabilito che l’adeguamento degli indici percentuali derivanti dalle variazioni del costo della vita si applicano con cadenza trimestrale e nella misura del 100% sull’importo della pensione fino al doppio del trattamento minimo INPS, del 90% per le fasce di importo comprese fra il doppio ed il triplo del trattamento minimo e del 75% per le fasce di importo superiore al triplo del trattamento minimo.
Anche adesso, malgrado i numerosi interventi degli ultimi anni che hanno reso più equo il sistema, un pensionato al minimo INPS dal 1° gennaio prossimo avrà un aumento mensile di 2,05 euro, mentre un pensionato con pensione di 30.000 euro mensile riceverà 48,00 euro in più (23 volte quello del pensionato al minimo). Come se il prezzo di un chilo di carne per l’uno fosse aumentato di 2 euro e per l’altro di 48 euro: quando la finalità della norma era quella di contrastare, per tutti, la diminuzione del potere d’acquisto dovuto all’aumento del costo della vita.
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