home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:32

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Gennaio - Febbraio/2020 - Articoli e Inchieste
Anni di piombo / 1
Il boato, poi 17 morti e 88 feriti. Era il 12 dicembre del 1969
di Valter Vecellio

Cinquant’anni fa la strage di Piazza Fontana. Una bomba col timer programmato per le 16:37. L’esplosione si sente a chilometri di distanza. Quel giorno l’Italia prende atto di una realtà amara e tragica: esiste un Stato nello Stato che lavora contro lo Stato

Quel giorno è un venerdì. Umido, piovoso, buio. Del resto è dicembre, manca poco al Natale. Alla Camera dei deputati, a Roma si sta approvando, in quelle ore, lo Statuto dei lavoratori fortissimamente voluto dal socialista Giacomo Brodolini e dal democristiano Carlo Donat Cattin, e in gran parte redatto dal giuslavorista Gino Giugni. Passerà poi al Senato, e ancora alla Camera: il 21 maggio 1970 diventerà finalmente legge.
Sono le settimane e i mesi dell’“autunno caldo”: un forte movimento operaio, soprattutto metalmeccanici, è mobilitato nelle fabbriche del nord; molte facoltà universitarie sono occupate.
Quel venerdì umido, piovoso, buio, a Milano la Banca Nazionale dell’Agricoltura con sede a piazza Fontana, a fianco della centralissima piazza Duomo, è affollata: si chiudono le ultime contrattazioni del mercato agricolo e del bestiame: contadini, commercianti, mediatori…
Il boato è tremendo, l’odore di cordite brucia i polmoni. Mentre nell’aria si spande il caratteristico odore di mandorle, la bomba uccide diciassette persone; 88 i feriti.
Gli investigatori vanno a colpo sicuro: sono stati gli anarchici. Dopo qualche giorno un ballerino, Pietro Valpreda, viene indicato come il “mostro”. È lui, l’autore della strage. Sarebbe più esatto dire: “sono loro”, dal momento che gli attentati sono cinque, simultanei: tre a Roma, due a Milano. A Roma, per fortuna, qualche ferito solamente. A Milano, ancora più fortuna, l’ordigno, per un difetto dell’innesco, non esplode. Avrebbe provocato almeno un centinaio di vittime, collocato com’era a piazza della Scala.
Ma torniamo a Valpreda, agli anarchici. Sono innocenti. Ma in quelle ore, in quei giorni sono gli assassini, gli stragisti. Non solo: un altro anarchico, Pino Pinelli, dopo un interminabile fermo illegale da parte della polizia, vola dal quarto piano della questura. Anche lui è innocente.
Le bombe, ma lo si saprà molto dopo, le hanno messe i fascisti di Ordine Nuovo, quelli che fanno capo a Franco Freda e a Giovanni Ventura. Non hanno fatto tutto da soli: collocare cinque bombe che devono esplodere simultaneamente in luoghi diversi; trovare l’esplosivo; fabbricare gli ordigni, tutto il “progetto” presuppone che ci siano almeno dieci, quindici “manovali”; e poi, delle “menti”: persone che vogliono le stragi per dei loro inconfessabili fini e scopi. Coloro che che nei racconti di Dashiell Hammett vengono definiti “il dito”: indicano chi e quando si deve colpire.

LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO:
ABBONATI A POLIZIA E DEMOCRAZIA
Per informazioni chiama il numero 06 58331846

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari