Un centro con caratteristiche tali da non garantire
in alcun modo l’integrazione nel tessuto sociale
dei richiedenti asilo
I numeri non consentono false interpretazioni. Dal primo gennaio al 30 aprile 2019 sono sbarcati 812 migranti in fuga dalle guerre e dai crimini socio-ambientali del continente africano. Erano stati 9.467 nello stesso periodo del 2018. Di contro, i morti in mare nella rotta del Mediterraneo centrale nel primo quadrimestre di quest’anno sono stati 257, un po’ di più, 379, nel 2018. Come dire però che c’è stato un crollo di oltre il 93% negli arrivi, mentre per ogni tre persone che sono riuscite a giungere in un porto italiano, una ha perso la vita nel solcare le acque del canale di Sicilia. Sono i dati ufficiali dell’OIM, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, che testimoniano il tributo di sangue prodotto dalle dissennate politiche di contrasto ai flussi migratori del governo italiano e dei partner Ue e nordafricani. Effetto immediato della forte flessione degli sbarchi il progressivo svuotamento di buona parte dei centri di prima accoglienza per i richiedenti asilo sorti un po’ dappertutto nel nostro paese, processo particolarmente complesso e con preoccupanti incognite per il futuro degli ex ospiti, che tuttavia viene strumentalmente (ed elettoralmente) utilizzato dal ministro Matteo Salvini per provare il successo del “pugno di ferro” imposto sul fronte migrazione ed accoglienza dopo la sua ascesa al Viminale.
Il caso più emblematico è quello del CARA di Mineo, il centro di “accoglienza” (leggasi semidetenzione) dei richiedenti asilo sorto nel febbraio 2011 in un ex residence per i militari USA di Sigonella, a una cinquantina di chilometri dalla città di Catania. Secondo il piano sgomberi previsto dal ministero dell’Interno, quello che è stato il centro più affollato d’Europa (sino a 4.500 presenze) dovrebbe essere svuotato del tutto entro la fine dell’anno e “riconvertito” ad altre funzioni. Da febbraio sono state avviate vere e proprie deportazioni dei migranti verso altri centri d’accoglienza straordinaria (CAS) della Sicilia, ma a contribuire alla notevole flessione del numero degli “ospiti” hanno contribuito in particolare le diserzioni volontarie di chi è fortemente preoccupato di poter essere presto vittima di espulsioni, rimpatri o ricollocazioni in paesi terzi. Nel CARA di Mineo erano ospitati 1.244 migranti a fine gennaio; da aprile il numero si è ridotto a meno di 500. Ovviamente è stato notevolmente ridimensionato il personale destinato ai servizi di gestione e assistenza del centro; dagli oltre 400 addetti nel momento di massima espansione, oggi se ne contano 150 e alcuni di essi non ricevono stipendi da mesi. L’inesorabile agonia di un modello di accoglienza del tutto fallimentare, sicuritario-emergenziale, inutilmente dispendioso, incapace di garantire diritti e dignità, utile però a generare malaffare, clientele locali e precarietà occupazionale e fomentare il clima di insicurezza tra l’opinione pubblica.
... [continua]
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