Dopo più di 7 anni di blocco, parziale o totale, degli aumenti perequativi delle pensioni, dal 1° gennaio 2019 dovevano essere ripristinate le modalità di calcolo previste dall’art. 69 della legge 338/2000, che stabiliva l’applicazione del 100 per cento della percentuale di incremento stabilita dall’ I.S.T.A.T. sull’importo di pensione fino a 3 volte il minimo I.N.P.S., del 90% sulla fascia di importo da 3 a 5 volte lo stesso minimo e del 75% sulla quota residua.
Infatti in seguito alla pubblicazione sulla G. U. del Decreto del Ministro del Lavoro e le Politiche Sociali del 26 novembre 2018, con il quale veniva comunicata la percentuale di aumento per l’anno 2019, l’I.N.P.S. aveva già provveduto agli adempimenti per liquidare le pensioni dal 1° gennaio con le modalità di cui sopra. Infatti tutti i pensionati con la mensilità di gennaio riceveranno aumenti come risulta nell’ultima colonna del prospetto che si allega.
Due giorni prima di Natale, in seguito all’accordo con l’Europa per evitare la procedura di inflazione, il Governo ha operato ancora tagli alla spesa pubblica. Tra questi anche la modifica al sistema di perequazione delle pensioni. In pratica è stato riconfermato il criterio vigente nel triennio passato, sebbene con una maggiore progressività. Tale criterio prevede l’applicazione del 100% della percentuale stabilita dall’ISTAT sulle pensioni di importo fino a 3 volte il minimo INPS, del 97% per quelle di importo da 3 a 4 volte lo stesso minimo, del 77% per quelle da 4 a 5 volte, del 52% da 5 a 6 volte, del 47% da 6 a 7 volte, del 45% da 7 a 8 volte e del 40% per le pensioni di importo superiori a 8 volte il minimo INPS (4.059,36 euro mensile lordo. Quest’ultimo sistema di calcolo con relativo conguaglio sarà applicato nei prossimi mesi).
Dal Governo giallo/verde, dovendo intervenire per ridurre anche gli aumenti ai pensionati, ci si aspettava che prevedesse un sistema più equo, anche per evitare l’aggravarsi delle disuguaglianze sociali, già molto gravi nel nostro Paese. Ad esempio poteva essere riproposto, per un certo periodo, il sistema previsto dall’art. 19 della legge 247/2007 (dell’allora Governo Prodi), con il quale fu stabilito un criterio di rivalutazione delle pensioni in misura decrescente fino a 8 volte il minimo INPS e nessuna rivalutazione per l’anno 2008 per i trattamenti pensionistici superiori a 8 volte il minimo.
Invece ha previsto un sistema decisamente ingiusto che penalizza pesantemente i pensionati con trattamenti medio/alti, a partire da 2.100 euro mensili lordi in su. Per quelli invece fino a 2.000 euro lordi sono rimasti invariati.
Infine, come si evidenzia con il prospetto allegato, dal 1° gennaio prossimo un pensionato con trattamento al minimo INPS avrà un aumento mensile di 5,58 euro, mentre i pensionati c. d. “d’oro”, quelli per i quali l’Esecutivo vorrebbe operare dei tagli, avranno aumenti di centinaia di euro al mese.
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