Condannata a morte in Pakistan, è diventata il simbolo di tutte
le vittime della mancanza di libertà religiosa
“Credo nella mia religione e in Gesù Cristo, che è morto sulla croce per i peccati dell’umanità. Che cosa ha fatto il tuo Profeta Maometto per salvare l’umanità? E perché dovrei essere io a convertirmi e non tu?” Con questa frase, pronunciata probabilmente in un momento di rabbia durante un’accanita discussione, Asia Bibi, umile lavoratrice nei campi, è caduta in una trappola da incubo.
Nel giugno del 2009 a Sheikhupura, città nella regione pakistana del Punjab, durante una pausa dei lavori nei campi per bere dell’acqua da una vecchia tazza di metallo, la donna è stata aspramente rimproverata da una vicina con la quale esistevano da tempo dissapori perché, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto bere da una tazza usata per i musulmani. Il seguito degli avvenimenti non è chiaro.
Qari Muhammad Salim, imam del villaggio, cui si erano rivolte le famiglie delle lavoratrici musulmane che coltivavano i campi con Asia Bibi, ha riferito in un’intervista alla CNN che Asia si era poi recata da lui per confessare e scusarsi.
L’Asian Human Rights Commission, invece aveva invece riferito che “cinque giorni dopo l’incidente, un leader musulmano locale, Qari Salem, è entrato nella vicenda e ha fatto pressione su alcune persone della zona affinché dichiarassero che Asia Bibi aveva commesso un reato di blasfemia. Falliti i tentativi di far confessare alla donna il suo presunto reato, Salem ha usato gli altoparlanti della moschea, come fanno altri leader musulmani nel caso di presunti atti di blasfemia per spargere la voce sul presunto reato e istigare la gente del luogo a punire la colpevole. Gli abitanti del villaggio l’hanno picchiata brutalmente di fronte ai suoi figli.”
L’utilizzo di leggi teocratiche a scopo politico e per vendette personali, l’estremismo islamico, la mancanza di libertà religiosa e di pensiero, la stratificazione sociale sul modello di caste, la discriminazione subita dai cristiani e da altre minoranze religiose, la reale possibilità di aizzare le folle per compiere omicidi e vendette con pretesti religiosi. Un contesto delicato e difficile che rende il quotidiano dei non musulmani, complice anche l’assenza o quasi di uno stato di diritto degno del suo nome, precario e soggetto dall’oggi al domani a tragici colpi di scena.
Come è accaduto a Aasiya Noreen, appartenente all’unica famiglia di fede cristiana e cattolica del suo villaggio. La sua angosciante vicenda, connotata da una ferrea volontà di ricevere giustizia e da un sistema giudiziario corrotto ha reso Asia Bibi, nome con cui è ormai comunemente conosciuta, il simbolo di tutte le vittime della mancanza di libertà religiosa in Pakistan. ... [continua]
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