I 9mila migranti che il ministro
pentastellato Elisabetta Trenta
dice essere stati soccorsi
dai libici sono ben al di sotto
del numero di persone salvate
nelle stesse acque dalle Ong
Quasi simile a un trapezio scaleno con un’area immensa: il vertice superiore destro quasi a sfiorare l’arcipelago tunisino di Kerkenna; quello sinistro, la grande isola greca di Creta. Si tratta della neonata Regione Marittima Lybia Sar, l’area di competenza delle assai poco riconosciute e credibili autorità politiche e militari libiche per gli interventi di ricerca, soccorso e salvataggio dei naufraghi e di tutte le persone in situazioni di pericolo in mare. Un immenso buco nero nel Mediterraneo dove oggi possono affogare in tantissimi perché mancano gli strumenti e i mezzi per intervenire efficacemente e in tempi rapidi o perché, con infame cinismo, l’Europa ha scelto di non vedere, non sentire e non parlare, affidando all’inaffidabile partner africano la sporca guerra ai migranti e alle migrazioni. Una grande fossa comune sommersa dove seppellire sotto le acque o rendere del tutto invisibili migliaia di sorelle e fratelli in fuga dai crimini della globalizzazione (guerre, genocidi, catastrofi ambientali, fame, ecc.).
L’inferno Sar di Tripoli su mandato del governo italiano
Dallo scorso mese di luglio le “autorità” libiche, col supporto dell’Unione Europea, hanno ufficialmente preso possesso di una grande area di mare antistante le proprie coste per le operazioni di ricerca e salvataggio Sar (Search and Rescue). In quest’area è oggi Tripoli a coordinare le risposte di pronto intervento alle richieste di soccorso, oltre ad assicurare il personale e i mezzi perché i migranti possano raggiungere un “porto sicuro” (nei fatti, però, si tratta di una vera e propria deportazione manu militari dei richiedenti asilo verso le città costiere e i “lager-hotspot” sparsi in tutto il paese nordafricano).
La Libya Maritime Sar Region non è altro che un’immensa riserva di caccia delle imbarcazioni dirette verso il sud Italia o la Grecia con a bordo coloro che cercano protezione umanitaria e asilo nella sempre meno democratica ed accogliente Unione Europea. ... [continua]
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