“Se sei conosciuto pubblicamente
come ex musulmano,
la vita può essere molto dura”
Mohamed Thasleem e Cemal Knudsen Yucel: nome fittizio il primo, vero il secondo. Entrambi ex-musulmani, leaders delle organizzazioni di ex-musulmani nelle rispettive nazioni, lo Sri Lanka e la Norvegia. Due voci, lontane geograficamente ma accomunate dal vissuto, intimamente lacerante e difficile, che li ha portati ad abbandonare la fede di origine, l’Islam. Una scelta fino a pochi anni addietro considerata impossibile. Eppure, malgrado l’insorgenza dell’estremismo islamico sia nei paesi a maggioranza musulmana che in occidente, una piccola ma nutrita minoranza di persone comincia a uscire allo scoperto, manifestando visibilmente la propria apostasia.
Rischiando anche la vita per questo. Perché, come ricorda Cemal Knudsen Yucel, sono tuttora tredici i paesi al mondo in cui chi abbandona la propria fede è punito con la morte.
Gli ex-musulmani, con la loro stessa esistenza e con le loro scelte dettate dal libero arbitrio, sfidano e infrangono un tabù atavico: quello dell’impossibilità di lasciare l’Islam, poco importa se per una nuova religione, che sia il cristianesimo o altro, o per l’ateismo o per l’agnosticismo.
“Ho amici che hanno abbandonato il buddismo o l’induismo e questo non è un problema” racconta Mohamed Thasleem, rimarcando la differenza tra le reazioni, assenti o innocue, di chi lascia altre fedi e il reale pericolo vissuto da chi è un apostata dell’Islam.
Differenza di trattamento che sfocia in un sentimento di frustrazione: “Quelli che abbandonano la fede cristiana non rischiano nulla, possono criticare Gesù senza problemi. Eppure continuano a parlare delle crociate, dell’inquisizione, di cose ormai passate e superate. Se sei di cultura cristiana e critichi la tua religione va bene ma non è così per noi che veniamo dall’Islam. Loro hanno la libertà di criticare la loro religione di origine, per noi invece è pericoloso”. ... [continua]
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