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Agosto/Settembre/2018 - Contributi
#iolapensocosì
Delle diversità e dei pregiudizi
di Brigida Angeloni - sindacalista Cisl e responsabile dell’Associazione “Faso Couture”

“Alzo gli occhi, di fronte a me
un signore in camicia bianca
maniche corte. Gli manca
il braccio sinistro, il signore
è nero. Mi sento salire una paura
incontrollata, scappo via”

Anno scolastico 1982-83 - Non mi ricordo se fosse l’inizio o la fine dell’anno scolastico, mi ricordo che eravamo tutti vestiti in maniche corte. Devo prendere il treno per tornare a casa, Treno Roma-Cassino che con tre fermate mi porta a casa. Ciampino, Colonna, Zagarolo. Papà mi ha detto 30 volte quando il treno ferma a Colonna ti alzi e vai verso la porta, che dopo 5 minuti devi scendere. Non ti addormentare. A Colonna alzati, non ti sbagliare. Il treno delle 13,55 l’ho perso, capita piuttosto spesso, in realtà lo prendo solo quando porta ritardo in partenza. C’è quello delle 14,20. Quello lo prendo sicuro. Mamma e papà mi martellano, stai attenta alla stazione, non parlare con nessuno, non salire sul treno finché è vuoto, stai attenta stai attenta stai attenta. Mettiti sempre vicina a delle signore, non dare confidenza, non parlare con gli estranei. Sì, ma io voglio sedermi, salgo sul treno delle 14,20 ancora semi vuoto. Due file di sedili da 4. Color avio scuro, di vilpelle che si appiccica alle cosce sudate, spesso ci sono degli squarci e si vede la gomma piuma, fa un po’ schifo effettivamente. Vedo delle teste e un sedile vuoto. Vado sicura e mi piazzo sul sedile. Alzo gli occhi, di fronte a me c’è un signore, camicia bianca a maniche corte e pantalone classico blu. Gli manca il braccio sinistro, il signore è un nero. Mi sento salire una paura incontrollata, mi alzo e cammino spedita allo scompartimento successivo. Resto in piedi in preda a questa angoscia che non mi rende lucida. Prendo fiato e mi siedo vicino a una signora. Mi tremano le gambe e cerco di tenerle ferme, metto la borsa sulle cosce sperando che il peso le blocchi. Mi sento al sicuro ora. Il respiro si calma e mi rendo conto di cosa ho fatto. Perché l’ho fatto? Perché gli mancava un braccio? Perché era nero? Mi vergogno, mi guardo intorno e penso che mi abbiano visto tutti, mi vergogno. Che ragazzina stupida che sono, la gente penserà che sono stupida e maleducata. Razzista no, era una parola che non mi era familiare a quel tempo. Faccio il viaggio fingendo di leggere, ma penso solo al signore seduto nell’altro scompartimento. Dovrei andare da lui e chiedere scusa, e se mi risponde male? Cosa avrà pensato quando sono scappata via? Avrà capito che avevo paura di lui? E che gli dico, mi scusi ma non avevo mai visto un nero da vicino? E per giunta senza un braccio? E lui cosa mi direbbe?
Sei una cretina, ma a questo punto aspetta di scendere e fai finta di niente. Colonna, ecco mi alzo come ha detto papà e vado alla porta. Mi sembra una scemenza alzarmi a Colonna, ma lo faccio lo stesso scegliendo di attraversare un altro scompartimento per allontanarmi al massimo da quello del signore nero senza un braccio.
Torno a casa, spero proprio che nessuno delle persone che conosco abbia visto. Mamma ha preparato da mangiare, porzioni che vanno bene per mio fratello, ma non per me, mangio silenziosa senza fare storie, sono gentile, brava e buona più del dovuto, ma lei non ci fa caso. Mi metto a fare i compiti un po’ deconcentrata, e poi mi spertico per aiutare mamma. Spolvero? Mi ha sempre fatto schifo spolverare.
Non ho mai smesso di pensare al signore sul treno, sono passati più di 35 anni e ancora ci penso. Non mi ricordo il suo viso perché non l’ho guardato in faccia, mi ricordo solo il suo corpo e quel braccio nero che spuntava sotto la manica bianca. Gli ho chiesto tante volte perdono in silenzio, so di averlo offeso, ho avuto paura perché era diverso, forse lui mi ha anche perdonato, ma io mi pento di non essere tornata indietro a chiedere scusa.

Agosto 2012 - Una seconda possibilità
Sono arrivata da meno di 12 ore in Burkina Faso, era notte, non ho visto nulla se non immagini confuse nel buio. Ho sentito un odore, dall’aeroporto a qui sempre lo stesso odore. Ma cosa sarà? Non lo so ancora, ma quello è l’odore dell’Africa.
... [continua]

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