In difesa dei “mercatari” aveva denunciato la violenza,
la prepotenza e l’arroganza della Camorra.
Un killer lo fulminò e il suo funerale
andò quasi deserto
“Un eroe piccolo piccolo” lo aveva definito la giornalista del quotidiano Il Mattino di Napoli, Rosaria Capacchione, all’indomani della sua morte. Tragica come quella di tutti gli innocenti morti ammazzati dalla camorra.
Federico Del Prete sta ancora nel suo ufficio nel tardo pomeriggio, una piccola stanza al piano terra con la porta a vetri in via Baracca, a Casal di Principe. Fuori fa freddo. Poca gente in giro per le strade. Alle pareti dell’ufficio qualche manifesto del sindacato, un crocefisso e una bacheca per gli appuntamenti. Nulla di più. Fuori dall’ufficio una piccola targa con una scritta, S.N.A.A., il Sindacato nazionale autonomo degli Ambulanti, i “mercatari” come si chiamano tra loro quelli che si guadagnano da vivere alzandosi alle cinque di mattina e andando in giro per i paesi con i banchi per vendere la loro merce. Nulla di eclatante, nulla di pericoloso, nulla di eroico, in apparenza. Eppure Federico Del Prete sarebbe diventato un eroe. Senza saperlo. Senza nemmeno rendersene conto, forse.
E’ la sera del 18 febbraio del 2002. Mancano pochi minuti alle 19,30 e Federico sta al telefono. In una mano la cornetta e nell’altra i conti delle tasse degli ambulanti da controllare. Una telefonata piuttosto concitata. Il giorno dopo, il 19 gennaio, avrebbe dovuto testimoniare in un processo contro un vigile urbano di Mondragone. La porta del suo ufficio è socchiusa e una persona entra all’improvviso. Ha in mano una pistola calibro 7,65. Federico, rimasto impietrito, ha appena il tempo di accorgersi dell’uomo nella penombra e di rendersi conto di cosa sta per accadere. Poi cinque colpi in rapida successione lo colpiscono allo stomaco e al torace. Lasciandolo per terra senza vita.
Solo pochi istanti e il killer, passo veloce e pistola ancora in mano, è già in strada dove lo aspettano i suoi complici. E subito si dileguano. Così muore Federico Del Prete, 45 anni, professione ambulante. L’obiettivo della camorra era stato raggiunto: era stato eliminato un uomo scomodo e incontrollabile che non si arrendeva all’ingiustizia e che ci teneva moltissimo alla sua dignità di persona e di lavoratore onesto ma ci teneva moltissimo, Federico Del Prete, anche alla dignità della sua terra. Aveva denunciato la violenza, la prepotenza e l’arroganza della camorra e, in quel periodo, temeva per la sua vita, Federico Del Prete.
Era nato a Frattamaggiore, vicino Napoli ma viveva a Casal Di Principe. Faceva il venditore ambulante. Vendeva i vestiti al mercato. Aveva sempre partecipato alla vita attiva dei sindacati, militando in difesa dei diritti dei mercatari. E, a un certo punto, aveva deciso di creare uno spazio che desse realmente attenzione e peso ai venditori ambulanti troppo spesso sottovalutati o, peggio, dimenticati.
Allo S.N.A.A., al Sindacato nazionale autonomo degli Ambulanti che contava circa tremila iscritti e che egli stesso aveva fondato, e ai colleghi che si rivolgevano ad esso dedicò tutto se stesso. E, in particolare, si impegnò nella lotta contro i soprusi e contro le sopraffazioni che i camorristi spesso infliggevano a chi lavorava nei mercati in tutta la regione. L’attività di Federico non si limitò solo a Casal di Principe ma interessò tutta la Campania, Napoli compresa. Tutto questo naturalmente ai Casalesi non piaceva. Fu proprio una delle sue denunce riguardanti quanto avveniva a Mondragone a determinare la sua condanna a morte.
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