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Luglio/2018 - Articoli e Inchieste
Militari
Diritti sindacali, avanti adagio
di Michele Turazza

A seguito della sentenza della Consulta, i lavoratori con le stellette
potranno ora riunirsi in sindacati. Ma permangono punti
critici: la libertà sindacale “separata”, il preventivo assenso
del Ministro della Difesa, gli incisivi limiti che, in attesa
dell’intervento del Parlamento, ricalcano quelli
della discussa rappresentanza militare

I militari possono costituire veri e propri sindacati (autonomi): è questo il nucleo della sentenza n. 120 del 2018, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione del Codice dell’ordinamento militare (Com) che vietava ai lavoratori con le stellette sia di riunirsi in associazioni professionali a carattere sindacale che di aderire ad altre associazioni sindacali. D’ora in poi, i militari, ai sensi dell’art. 1475 c. 2 del Codice, riscritto dalla Corte, potranno “costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge”, pur permanendo il divieto di aderire ad altre associazioni sindacali. Un deciso passo in avanti, nonostante la Corte abbia optato per un regime di libertà sindacale cosiddetto “separata” (come quello della Polizia di Stato a seguito della smilitarizzazione del 1981) e per l’applicazione, in attesa dell’intervento del legislatore che stabilisca i confini del diritto di associazione sindacale, di una serie di limiti (piuttosto stringenti) ricavabili dall’ordinamento, alcuni dei quali di dubbia costituzionalità, come, ad esempio, la necessità del preventivo assenso del ministero della Difesa alla costituzione di associazioni o circoli tra militari, e l’esclusione dalla competenza dei futuri sindacati delle stesse materie previste dalle disposizioni sulla rappresentanza militare.
L’assetto definitivo del nuovo sistema dipenderà dunque dall’ampiezza e dalla tipologia di “quei limiti fissati dalla legge” che il Parlamento è chiamato a prevedere: verrà mantenuta anche la (dispendiosa) rappresentanza militare? Con che ruolo? E quali saranno i suoi rapporti coi sindacati che saranno costituiti nei prossimi mesi? Si giungerà a una vera e propria contrattazione anche per il personale del Comparto Difesa? Le prime dichiarazioni della ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, sembrano confermare l’attenzione del nuovo governo verso il tema del riconoscimento di diritti sindacali pieni ai militari, dopo che negli scorsi anni si era registrato un arretramento politico e culturale, con la negazione dei diritti sindacali ai lavoratori del Corpo Forestale dello Stato, in conseguenza della loro militarizzazione forzata.
In attesa del necessario intervento del legislatore, che auspichiamo essere tempestivo affinché la conquistata libertà sindacale dei militari non rimanga un “diritto di carta”, è opportuno ripercorrere i passaggi più significativi della decisione della Corte Costituzionale, seguiti da alcune brevi reazioni alla sentenza. I militari possono costituire veri e propri sindacati (autonomi): è questo il nucleo della sentenza n. 120 del 2018, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione del Codice dell’ordinamento militare (Com) che vietava ai lavoratori con le stellette sia di riunirsi in associazioni professionali a carattere sindacale che di aderire ad altre associazioni sindacali. D’ora in poi, i militari, ai sensi dell’art. 1475 c. 2 del Codice, riscritto dalla Corte, potranno “costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge”, pur permanendo il divieto di aderire ad altre associazioni sindacali. Un deciso passo in avanti, nonostante la Corte abbia optato per un regime di libertà sindacale cosiddetto “separata” (come quello della Polizia di Stato a seguito della smilitarizzazione del 1981) e per l’applicazione, in attesa dell’intervento del legislatore che stabilisca i confini del diritto di associazione sindacale, di una serie di limiti (piuttosto stringenti) ricavabili dall’ordinamento, alcuni dei quali di dubbia costituzionalità, come, ad esempio, la necessità del preventivo assenso del ministero della Difesa alla costituzione di associazioni o circoli tra militari, e l’esclusione dalla competenza dei futuri sindacati delle stesse materie previste dalle disposizioni sulla rappresentanza militare.
L’assetto definitivo del nuovo sistema dipenderà dunque dall’ampiezza e dalla tipologia di “quei limiti fissati dalla legge” che il Parlamento è chiamato a prevedere: verrà mantenuta anche la (dispendiosa) rappresentanza militare? Con che ruolo? E quali saranno i suoi rapporti coi sindacati che saranno costituiti nei prossimi mesi? Si giungerà a una vera e propria contrattazione anche per il personale del Comparto Difesa? Le prime dichiarazioni della ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, sembrano confermare l’attenzione del nuovo governo verso il tema del riconoscimento di diritti sindacali pieni ai militari, dopo che negli scorsi anni si era registrato un arretramento politico e culturale, con la negazione dei diritti sindacali ai lavoratori del Corpo Forestale dello Stato, in conseguenza della loro militarizzazione forzata.
In attesa del necessario intervento del legislatore, che auspichiamo essere tempestivo affinché la conquistata libertà sindacale dei militari non rimanga un “diritto di carta”, è opportuno ripercorrere i passaggi più significativi della decisione della Corte Costituzionale, seguiti da alcune brevi reazioni alla sentenza.... [continua]

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