Quando l'amico e compagno capitano Angelo Giacobelli mi rintracciò nella questura di Cagliari era la fine del 1972 e mi parlò della rivolta all'interno della caserma Castro Pretorio alla quale avevo partecipato perché frequentavo il 10° corso Polgai. Era la sera dell'assassinio di Antonio Annarumma durante una manifestazione a Milano.
Giacobelli lo conoscevo bene, arruolati lo stesso giorno e frequentato lo stesso corso 18° a Caserta 1967, era il mio capo plotone e avevamo instaurato un bellissimo rapporto, una persona speciale. Successivamente (1969) lo incontrai spesso nella caserma della celere e nelle piazze durante le manifestazioni a Milano. Mi parlò di un giornalista e della sua idea ancora in embrione, mi domandò se volessi aderire e far parte del gruppo ristretto, mi sottolineò la riservatezza e i rischi. Dissi subito "puoi contare su di me", da allora nacque uno stretto rapporto di amicizia epistolare e di tante telefonate. Dopo alcuni mesi conobbi il giornalista, era Franco Fedeli. L’incontro avvenne in un bar di piazza Mazzini in compagnia di una ventina di persone, poliziotti e rappresentanti della Federazione Unitaria sindacale. Al momento di salutarci rivolgendomi a Fedeli dissi, "se riuscirai in questa immane impresa sarai stato capace di dare la parola ai muti e te ne daranno atto i posteri, riuscirai a farci volare alto come alta sarà la nostra testa e la nostra fierezza di starti accanto perché ci darai dignità, perché non ci sentiremo più manganellatori del popolo ma parte di esso".
Da quel momento fino alla sua scomparsa l'avevo incontrato decine di volte, centinaia di telefonate, le prime volte in via Chinotto a Roma, tantissimi i ricordi. Era un orgoglio stargli vicino, ci faceva maturare, ascoltarlo era come stare di fronte a un oracolo. Quando rientravo a Cagliari e raccontavo di Franco e di cosa si era deciso i colleghi si inorgoglivano traendo da quei racconti energia per continuare la lotta; un esempio di quella forza è venuto dal collega Bobore Succu, persona straordinaria che lavorava alle Volanti e che, quando dava comunicazione via radio dell'inizio del turno 01/07 sostituiva le frasi standard con: "Lotta dura senza paura per il sindacato ai poliziotti!"; un altro collega ispirato dall'azione di Franco è stato Salvatore Aliberti, all'interno del Movimento coordinatore, mediatore, saggio e indifferente alle lusinghe e ai tentativi di corruzione da parte di certa classe dirigente. Quando l'11 febbraio 1975 Franco entrò nella sala del palazzo dei congressi a Cagliari vedendola stracolma, oltre milletrecento persone, restò meravigliato del lavoro fatto.
Quando prese la parola nella sala vociante calò il silenzio, tutti i poliziotti che lo conoscevano solo di nome e attraverso i suoi articoli sulla rivista Ordine Pubblico stavano attenti a cogliere ogni sua parola e alla fine del suo discorso tutti in piedi, ci fu un'ovazione, un'apoteosi. Ci portò in tv per far sentire la nostra voce ai telespettatori nella trasmissione Tg2 Direttissima condotta dal giornalista Aldo Falivena; in quell'occasione Fedeli mi regalò l'opportunità di partecipare. Fu artefice di far nascere tra le organizzazioni sindacali la Federazione Unitaria con la sede in via Sicilia a Roma, dove trovò ubicazione anche la nostra organizzazione. Ci sentivamo già smilitarizzati e sindacalizzati grazie a quel rapporto diretto con i vertici della Federazione Unitaria.
Quel lungo cammino, dalla riunione all'hotel Hilton fino all'approvazione della riforma del 1981, era stato irto di ostacoli. Ricordo l'intervento di Luciano Lama all'hotel Parco dei Principi dove affermò che la Federazione Unitaria sarebbe stata al nostro fianco, ma soprattutto non sarebbe stata una passeggiata o una manna dal cielo, l'avremmo dovuta conquistare noi, e non sarebbe stato facile.
Negli anni successivi si confermò profetico. Quel giorno su un cartello insieme ad Angelo Giacobelli e Ciccio Forleo scrivemmo una frase che per me fu allora e per tutto il lungo tempo trascorso in Polizia un punto fermo nel rapporto con la classe operaia e la gente "Non più contro di voi ma con voi perché noi siamo voi".
Quello sparuto gruppo di poliziotti riuscì in pochi anni a far proliferare comitati in tutte le città grazie all'azione di coordinamento di Fedeli e della Federazione Unitaria tanto da permettere una giornata esaltante, in un momento di grande difficoltà, al Palasport dell'Eur a Roma. Giunsero da tutta l'Italia migliaia di poliziotti con mogli e figli, con la massiccia presenza della classe operaia, soprattutto metalmeccanici, e rappresentanti dei comitati per la smilitarizzazione e sindacalizzazione della Guardia di Finanza. A gennaio '75, quando stavamo per raggiungere l'approvazione della legge di riforma, il Psi preferì la legge sulle armi e il sogno svanì. Ci sentimmo traditi, delusi e poi assaliti, oso affermare, dalla voglia di mollare tutto. Fu ancora una volta Fedeli che chiese alla Federazione Unitaria un nuovo impegno, l'ideatore della riforma ci prese per mano e ci traghettò verso il futuro. Era il periodo del terrorismo. Era il periodo della violenta repressione portata avanti dai falchi del Ministero contrari al progetto, delle espulsioni, dei provvedimenti disciplinari, delle visite psichiatriche, così come delle denunce ai Tribunali militari (anch'io per sedizione militare, istigazione di militari a disobbedire alle leggi e rilascio arbitrario di dichiarazione alla stampa, un totale di 10 anni e quattro mesi prevedeva il Codice penale militare di pace) e dei trasferimenti (anche questo non mi è mancato, da Cagliari a Palermo non attuato grazie all'intervento del segretario della Cgil Carlo Arthemalle, poi da Nuoro a Oristano per incompatibilità ambientale e pena pecuniaria, questo sì).
In quel periodo a causa delle stragi e della strategia della tensione qualcuno paventava un colpo di Stato perché la democrazia stava traballando e il Paese pareva stesse precipitando in una voragine. Con Fedeli, si diramò un comunicato dove si rispondeva alle provocazioni affermando che i poliziotti non avrebbero prevaricato il Parlamento e che avrebbero lavorato ancora con maggior piglio e dedizione per la sicurezza della nazione. Un altro tentativo di delegittimazione fu fatto con la circolare Cossiga che permetteva di eleggere un organismo (fantoccio) di rappresentanza presso il Ministero, come è presente oggi nelle Forze Armate. I falchi ministeriali si affacciarono alla ribalta e nacque un movimento di destra a Cagliari a opera del capo della Squadra Mobile Virgilio Fichera.
Per non farci mancare niente, altri ostacoli si misero di traverso e alcuni pretesero che l'Autorità di Pubblica Sicurezza venisse estesa al Comandante di una qualsiasi stazione dei Carabinieri anche se retta da un vice brigadiere, così il sindaco sarebbe stato messo sotto schiaffo, Cile due? Pretesero, inoltre, di vietare l'ingresso alle donne, per poi adeguare anche l'Arma alla presenza femminile. Le nostre donne già in servizio, tantissime impegnate nel Movimento, fecero sentire la loro voce, ne ricordo due in particolare Maria Dell'Uva e Maria Adelaide Colombo, straordinarie. Tutto il Movimento si mobilitò, Franco con il suo giornale coinvolse tutti gli organi di stampa e ci furono la ferma posizione della Federazione Unitaria e la dura presa di posizione di Berlinguer; queste energie si trasformarono in sinergia zittendo tutti e si marciò uniti.
Nell'aprile del 1981 (conservo gelosamente la copia della Gazzetta Ufficiale) vide la luce pur monca la smilitarizzazione e la sindacalizzazione delle Guardie di Pubblica Sicurezza, la riforma trasformò quell'Amministrazione in Polizia di Stato, un Corpo con un cuore che pulsa e una mente che pensa al rispetto delle leggi e della Costituzione per la sicurezza dei cittadini sempre, dalla sua nascita, lontano dai colpi di stato e fedele al Paese.
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