L’ultimo rapporto Dia rivela che le mafie italiane oltre confine sono
ancora legate alle terre d’origine. Ecco dove e come reinvestono
i patrimoni illeciti inquinando gli altri Paesi. In aumento le richieste
‘rogatoriali’ di sequestri e confische in territorio straniero
«Le mafie di origine italiana, seppur ramificate e ormai consolidate all’estero da generazioni, non sembrano aver reciso i legami con i sodalizi storicamente presenti nel nostro Paese. La ’ndrangheta calabrese, in particolare, mantiene una struttura oltre confine fortemente legata agli “organi” di indirizzo strategico insediati nella regione di origine». È quanto si legge nella più recente relazione semestrale della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) che affronta, tra l’altro, il tema della presenza della criminalità organizzata italiana fuori dal nostro Stato tracciando un quadro del fenomeno, aggiornato ai primi sei mesi del 2017. La Piovra, dunque, non ha perso i suoi lunghi tentacoli. Il cordone ombelicale con l’Italia – dei clan trapiantatisi altrove – non è stato tagliato. Le mafie tradizionali cavalcano i processi di cambiamento geopolitici in corso per aumentare i loro traffici a livello planetario. Sempre più dinamiche, sono orientate a massimizzare i profitti e a reinvestire nel circuito economico legale internazionale gli smisurati patrimoni accantonati con il controllo dei mercati illeciti, reso possibile grazie anche ad alleanze con associazioni criminali di altri Paesi. Nel rapporto della Dia si legge: «Alcuni Stati sembrerebbero addirittura più interessati alla portata finanziaria degli investimenti che non alla possibile illecita provenienza delle somme investite». Si registra, inoltre, un aumento del numero di richieste rogatoriali di sequestri e confische all’estero.
In Francia, da sempre territorio di latitanza per i mafiosi di casa nostra, la criminalità organizzata italiana si trova soprattutto in Provenza e in Costa Azzurra, dove coesistono anche gruppi criminali dell’ex Unione Sovietica e dell’area balcanica. Radicata nella zona, «ricicla capitali illeciti e investe nel traffico di sostanze stupefacenti». La Francia è area di transito per il traffico di droga: la cannabis giunge dal Marocco e dalla Spagna, la cocaina dall’America Latina. In Provenza e Costa Azzurra i mafiosi riciclano i guadagni del narcotraffico nel settore immobiliare e nelle strutture attinenti al turismo. Dalla vicina Liguria, alcuni esponenti della ’ndrangheta si sarebbero trasferiti in Costa Azzurra, in centri come Mentone, Nizza e Cannes dove «sarebbe attualmente presente una seconda generazione di mafiosi calabresi». È infatti conosciuta da anni la funzione di raccordo svolta dalla “locale” di Ventimiglia tra le ’ndrine dell’imperiese e le analoghe realtà situate oltre la frontiera francese. Le indagini rivelano la seguente mappatura dei clan della ’ndrangheta in Francia: a Mentone i Pellegrino; a Nizza le ’ndrine Pesce e Bellocco di Rosarno, Italiano, Papalia, Palumbo di Delianuova; a Grasse i Molè-Piromalli; ad Antibes i Palumbo e Italiano di Delianuova; a Cannes gli Stanganelli di Rosarno; a Pégomas i Pesce; a La Seyne-sur-Mer e a Ollioules i Morabito. In Costa Azzurra non mancherebbero nemmeno proiezioni della camorra, «attive nei mercati illegali del traffico di sostanze stupefacenti, nel contrabbando, nella contraffazione e commercializzazione di marchi, oltre che nell’esercizio abusivo del gioco anche online e delle scommesse clandestine». ... [continua]
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