Il mondo di “Black Mirror” mostra come il furioso progresso
tecnologico possa non essere sempre compreso e gestito
dall’essere umano. Con esiti imprevedibili
“Il progresso non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità”, disse il fisico serbo Nikola Tesla.
Partendo da questo allarmante assioma, il produttore Charlie Brooker nel 2010 partorì la brillante idea di creare una serie che avesse come argomento principale l’incedere incontrollato delle nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni. La multinazionale Endemol fu subito entusiasta del progetto e il 4 dicembre 2011 sul canale britannico Channel Four fece il suo esordio Black Mirror, che ad oggi vanta un totale di 18 puntate distribuite in 4 stagioni, più una speciale.
La caratteristica di BM è quella di presentarci episodi auto conclusivi, con storie e attori ogni volta diversi. Il solo collegamento è quello di essere ambientati perlopiù in un futuro imprecisato, grottesco e distopico, tuttavia piuttosto simile al nostro presente. Il filo conduttore è il furioso progresso tecnologico che non sempre l’essere umano è capace di gestire, senza pagarne le conseguenze.
Mentre queste nuove tecnologie hanno spesso la funzione di catalizzatore della storia, Black Mirror non le racconta come cose particolarmente eccezionali. Sono solo strumenti per i personaggi, che compaiono perfettamente integrati accanto a oggetti meglio riconoscibili del nostro quotidiano, come smartphone, computer portatili, automobili e tostapane. Il mondo di BM mostra le persone per ciò che sono sempre state: sole, capricciose, egoiste, ma anche divertenti, strane e capaci di azioni grandiose e terribili. I prodotti di cui fanno uso le cambia in modi inaspettati e spesso problematici, ma sono sempre gli uomini a decidere come usarle.
... [continua]
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