I prossimi mesi saranno cruciali sul piano del riconoscimento dei diritti
sindacali ai lavoratori militari: la Corte Costituzionale è chiamata
a rendere compatibile il nostro ordinamento con le pronunce della Cedu
e con la stessa Costituzione repubblicana, riconoscendo finalmente
pienezza di diritti associativi e garantendo l’esercizio delle libertà
sindacali anche ai cittadini in divisa
Dieci aprile e 5 giugno 2018: due giorni che rimarranno nel lungo cammino di conquista dei diritti sindacali dei militari. Due udienze pubbliche della Consulta, durante le quali verranno discussi i giudizi di legittimità costituzionale sull’anacronistica disposizione del Codice dell’Ordinamento Militare che vieta ai militari di fondare o aderire ad associazioni sindacali e sulla legge Madia, nella parte in cui ha previsto la soppressione del Corpo Forestale dello Stato. Due date che potrebbero abbattere il muro esistente tra “diritti” e “militari”, contribuendo, finalmente, a far spalancare le porte delle caserme a quello “spirito democratico della Repubblica”, a cui la nostra Costituzione impone che si informi tutto l’ordinamento delle Forze armate. Si può parlare, infatti, di democrazia, se sono negati i diritti associativi fondamentali ad alcuni cittadini, solo perché lavorano indossando una divisa? O se viene consentito di militarizzare forzatamente migliaia di lavoratrici e lavoratori di una Forza di polizia specializzata, da sempre ad ordinamento civile? La democrazia non si esaurisce al momento del voto, ma è un esercizio costante di controllo sugli organi dello Stato e sulle norme che producono, soggette alla Costituzione e alle Carte europee dei diritti.... [continua]
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Fiducia nella Consulta
Il buio in cui si sono persi i diritti dei lavoratori dell'ex Corpo Forestale dello Stato si fa ancora più buio.
Non è stato sufficiente toglierci i diritti sindacali e le libertà civili riconosciute ai cittadini italiani
Dal 1° gennaio di quest’anno altri diritti dei forestali sono spariti: diritti ottenuti con la contrattazione sindacale, diritti che quella emanazione dell'Amministrazione che si chiama rappresentanza militare (sindacato del datore di lavoro, vietato dallo Statuto dei lavoratori) si è impegnata per togliere, quando in una società civile ci si sarebbe aspettati l'impegno per ampliare tali diritti ai Carabinieri per scelta
La matrigna, che qualcuno vuole convincerci essere la nostra famiglia, nel 2018 ci toglierà 52 giorni di vita personale e familiare cancellando la settimana su 5 giorni dandoci in cambio 5 giorni in più di licenza l'anno.
Totale 47 giorni in più al lavoro ogni anno, la privazione ulteriore di 1/7 della libertà di gestione della propria vita che è pesante per tutti ma lo è ancora di più per chi è pendolare, per chi vive lontano dai propri affetti e per chi è in una sede disagiata.
Un Generale giorni fa mi ha detto che col tempo ci renderemo conto di aver guadagnato nel transito.
Non so se realmente non si rendono conto di come si lavorasse prima, dei diritti di cui godevamo.
In cambio di cosa?
L'efficienza non è affatto migliorata, il lavoro è soffocato da nuove incombenze borboniche.
La trasparenza, già scarsa nel Cfs, è totalmente inesistente, vigono l'ipse dixit e il potere dell'ufficiale.
Trasferimenti incomprensibili (6 assegnati in una stazione dove mancava una sola persona) e dinieghi altrettanto incomprensibili.
Marescialli Cc di nuova nomina con infarinatura di forestale assegnati a comandare Stazioni per le quali c'erano richieste di trasferimento di personale ben più anziano nel grado.
Assegnazioni in Regioni storicamente stracolme di personale e non in quelle in gravissimo sotto organico del nord.
Una rappresentanza militare di cui non è dato conoscere neanche eletti e numero di voti.
Continuiamo ad avere fiducia che la Corte Costituzionale possa restituirci la dignità di cittadini liberi perduta.
Nel frattempo chi può fermi questa giostra. Voglio scendere.
Lettera firmata
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