Catello Maresca è entrato giovanissimo nella Direzione distrettuale Antimafia di Napoli. Al giudice abbiamo posto una prima domanda.
Perchè Michele Zagaria era così pericoloso?
Effettivamente alcuni anni fa quando sono entrato nella Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ero piuttosto giovane e ho avuto la fortuna di far parte del gruppo di lavoro dei colleghi che ricercavano Michele Zagaria, che peraltro non era l’unico latitante nella provincia di Caserta inserito nell’elenco dei ricercati più pericolosi d’Italia stilato dal ministero dell’Interno e dalla Criminalpol. Poi i latitanti della provincia di Caserta li abbiamo presi tutti.
Era rimasto solo Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre del 2011, un latitante storico, un latitante strutturato, uno di quegli uomini che vivono e impostano la loro vita proprio per sottrarsi alle ricerche della Polizia e dell’Autorità giudiziaria. E questa impostazione di vita gli ha permesso di riuscire a sottrarsi alla cattura per sedici anni. Abbiamo poi organizzato un sistema di ricerca anche abbastanza complicato che ci ha consentito di arrivare al risultato del suo arresto.
La latitanza, come a volte accade per i mafiosi, e in particolare per quelli del clan dei Casalesi di cui ci siamo occupati nel corso di questi anni, ha un valore simbolico. Oltre al dato oggettivo di sottrarsi alla carcerazione, la latitanza serve a costruire una simbologia, una simbologia negativa, del capoclan, gli dà la capacità di diventare quasi una figura mitologica, almeno per coloro che poi devono sottostare alle angherie e alle sopraffazioni dei clan mafiosi.
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