Intervista a Shirin Musa, fondatrice e direttrice di “Femme for
Freedom”, l’organizzazione olandese che mira ad allargare
alle immigrate i diritti di cui godono le donne in Occidente.
La campagna pubblicitaria lanciata a Rotterdam
Guardare al passato per immaginare il futuro. Trovare alleanze e cercare soluzioni per questioni complesse. Una sfida fatta sul terreno dei diritti delle donne, per la libertà a tutto campo, legislativa ma anche culturale.
Questo lo spirito di Shirin Musa, di “Femmes for Freedom”, organizzazione olandese che si prodiga per espandere alle donne immigrate, e musulmane in particolare, i diritti di cui già godono le donne in Occidente. A “Polizia e Democrazia” Shirin Musa racconta le sfide e le lotte portate avanti nel nome della libertà e dell’autodeterminazione femminile.
In cosa consiste il suo lavoro?
Cerco soluzioni per situazioni legali complesse. E lo faccio basandomi anche su quanto l’Olanda ha da offrire non solo come leggi attuali ma anche come storia legislativa.
Sessanta anni addietro, la legge che stabiliva che una donna avesse bisogno del consenso del marito per tutta una serie di attività legali e lavorative è stata abolita e nel 1971 in Olanda è stato introdotto il divorzio. Dal punto di vista legale molto è stato fatto per le donne in Olanda e si può affermare che, almeno sulla carta esista parità di diritti tra uomini e donne.
Questa situazione coinvolge anche le donne immigrate o delle minoranze etniche?
Non esattamente. Come nel mio caso. Io, pakistana, ero sposata con un mio connazionale e ora sono divorziata. Secondo la legge civile ma non secondo la tradizione islamica. Quindi io non posso andare in Pakistan, che è un Paese che non differenzia tra legge civile e legge islamica. ... [continua]
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