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Gennaio/2018 - Editoriale
direttore@poliziaedemocrazia.it
I Mediocrati
di Cesare Vanzella

Il nuovo anno che è appena iniziato non sembra avere le caratteristiche per essere dissimile da quelli che lo hanno preceduto: se escludiamo le elezioni politiche, continueremo a discutere di immigrazione e integrazione, ci domanderemo se il fascismo stia tornando, se esistano ancora le categorie di Destra e Sinistra, se l’evasione fiscale e la corruzione debbano ormai essere considerate un dogma.
In attesa poi di capire se la ripresa economica sia reale o chiacchiera da copertina, se altre Banche si salveranno con i soldi dei contribuenti, se la tanto invocata inflazione al 2% finirà per sforbiciare stipendi e pensioni, c’è da chiedersi se questo Paese sopravviverà a se stesso e alle sue incapacità.
Noi di “Polizia e Democrazia” siamo e saremo sempre qui a sottolineare e denunciare quanto non ci piace nella società italiana e in quel microcosmo che ha le Forze di polizia e la magistratura per protagoniste. Questo primo numero del 2018 è aperto da un articolo di Orlando Botti sulle parole del Capo della Polizia Franco Gabrielli e su una storia oscura che ha per protagonista un vice questore sindacalista. Poi quattro interviste: a Nando Dalla Chiesa sulla criminalità, a Shirin Musa di Femme for Freedom che si batte in Olanda perché le donne islamiche abbiano gli stessi diritti delle occidentali (fantastici i manifesti che pubblichiamo), al magistrato Catello Maresca che mise fine ai 16 anni di latitanza di Michele Zagaria, al comandante provinciale dei Forestali (oggi generale dell’Arma in pensione) Maurizio Cattoi.
Un giornale, il nostro, che tenta e tenterà di aiutare i lettori a orientarsi tra le “novità” che si sono affacciate nella seconda metà dell’anno passato. Esempi ce ne sono tanti e tra questi non vanno dimenticati i rigurgiti fascisti che si esprimono magari attraverso un ombrellone che intona “Faccetta nera”, tramite una stanza di pro-migranti invasa da skin o mediante la bandiera prussiana eletta a vessillo dei gruppi neonazi in una caserma dei Carabinieri. Abbiamo capito che, nell’indifferenza politica, un agglomerato urbano come Ostia può essere lasciato in mano alla malavita salvo poi scoprire che lo Stato è capace di usare il pugno di ferro basta che qualche episodio glielo ricordi. Così la “testata infame” a un giornalista si trasforma in “testata mafiosa” e porta il responsabile, dritto dritto, in un carcere di massima sicurezza. Insomma, la politica che agisce o tace in base ai titoli dei giornali o al “sentiment” (che orrenda parola) della Rete. Nei fatti, uno Stato che non controlla il territorio. Un Potere vestito d’umana sembianza. Uno Stato palestra di “mediocrazia”.

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