Si attende la pronuncia della Consulta sulla compatibilità
con la Costituzione del divieto per i militari di costituire sindacati.
Qualche “grana” per il reclamo di alcune associazioni sindacali
al Comitato europeo dei Diritti sociali
Prosegue senza soluzione di continuità la battaglia dei forestali contro il decreto attuativo della legge Madia che ha disposto la soppressione del Corpo Forestale dello Stato, imponendo il trasferimento della gran parte dei lavoratori nell’Arma dei Carabinieri. Polizia e Democrazia continuerà a dar conto degli sviluppi della vicenda, con aggiornamenti sull’esito dei vari ricorsi presentati.
In attesa della decisione sul reclamo proposto dagli ex sindacati Forestali Ugl e Sapaf al Comitato europeo dei Diritti sociali, una questione formale, ossia un mero errore nella consegna del plico, potrebbe pregiudicarne l’esito positivo.
La raccomandata con tutta la documentazione necessaria allegata, spedita alla fine del 2016 dai legali delle due associazioni sindacali, è stata consegnata per sbaglio alla Cancelleria della Corte europea per i Diritti dell’Uomo, anziché al Comitato, cui era invece destinata. L’iscrizione del procedimento presso la Segreteria del Comitato è pertanto avvenuta solo all’inizio del mese di febbraio e questo, per il governo italiano, comporterebbe l’irricevibilità del reclamo, poiché la presentazione sarebbe avvenuta quando i due sindacati ricorrenti non avevano già più la rappresentanza dei lavoratori Forestali, avendo questi acquisito, a partire dal primo gennaio, lo status militare, con conseguente perdita di ogni diritto di associazione sindacale.
Immediata la replica degli avvocati, Egidio Lizza e Marco Lo Giudice, i quali, ritenendo che a far fede fosse la data di sottoscrizione e invio del reclamo (avvenuti alla fine del 2016), hanno chiesto al Comitato di rigettare l’eccezione di irricevibilità del governo. Anche prescindendo da tali aspetti formali, però, secondo i due legali, la doglianza sarebbe fondata pure sotto il profilo sostanziale poiché non è accoglibile la tesi “secondo cui uno Stato firmatario della Carta sociale europea possa sottrarsi alle indagini in merito ad un Reclamo presentato da organizzazioni rappresentative dei soggetti lesi dalle misure statali, avendo, per tali soggetti, eliminato per legge, per il futuro, la rappresentanza sindacale, viceversa riconosciuta fino al momento delle modifiche legislative che determinano la violazione della Carta”. Essendo l’oggetto del Reclamo proprio la sottrazione del diritto alla rappresentanza sindacale, per come riconosciuto dalla Cedu, “apparirebbe palesemente illogico negare, sulla base proprio dell’intervenuta eliminazione della rappresentanza sindacale, la possibilità di rivolgere al Comitato la domanda se tale sottrazione sia legittima”.
Sul fronte interno, è attesa la pronuncia della Corte Costituzionale chiamata a decidere sulla compatibilità con la Costituzione del divieto per i militari di costituire associazioni sindacali, contenuto nel Codice dell’Ordinamento militare. Il Consiglio di Stato ha infatti rimesso gli atti alla Consulta, ravvisando la palese e insanabile contrarietà di tale divieto con le norme di Diritto internazionale contenute nella Convenzione europea per i Diritti dell’Uomo, così come interpretate dalla Corte di Strasburgo, in particolare nelle due pronunce emesse nel 2014 contro la Repubblica francese, la quale ha provveduto successivamente ad adeguare il proprio ordinamento, eliminando il divieto di associazioni professionali tra militari.
E’ la stessa Costituzione italiana a disporre, all’art. 117, comma 1, l’obbligo del rispetto, da parte delle leggi dello Stato e delle Regioni, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, tra cui, appunto, rientrano a pieno titolo le norme della Cedu. Il Consiglio di Stato non ritiene sufficiente la previsione della rappresentanza militare a soddisfare le esigenze indicate dalla Corte europea per i Diritti dell’Uomo, poiché la libertà sindacale presuppone la facoltà di dar vita a forme autonome di rappresentanza dei lavoratori anche al di fuori di eventuali strutture istituite dalla legge in seno all’Amministrazione della Difesa.
Se dal punto di vista delle iniziative giudiziarie non resta che attendere le pronunce delle varie Corti adite (compresi i Tribunali amministrativi regionali presso cui pendono migliaia di ricorsi di cui si è dato conto nei numeri scorsi della rivista) in casa Cisl è iniziata la resa dei conti, con una dura missiva dell’ex Segretario nazionale Fns-Cisl Pier Giorgio Cortesi indirizzata ai dirigenti nazionali e alle strutture territoriali Fns, nella quale stigmatizza la delibera del Consiglio generale Fns-Cisl dello scorso dicembre 2016 di decadenza del personale del disciolto Corpo Forestale dagli incarichi rivestiti ai vari livelli, poiché tale decisione sarebbe stata presa “senza che vi sia stata una discussione di Segreteria, ne sia stato chiesto il parere dello scrivente e dei Segretari Fondatori della Fns-Cisl appartenenti al Cfs”.
Secondo Cortesi, inoltre, “la prematura eliminazione della componente Cfs dallo Statuto Fns, prima del giudicato definitivo dei ricorsi, non chiude la questione ma lascia spazio a dubbi e perplessità che peseranno ancora per molto tempo sul futuro della Fns”.
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