Rispetto alle droghe, esistono due tipi di genitori: quelli per i quali sono un problema e quelli per i quali sono una “ragazzata”. La diatriba, tra “liberi pensatori”, si ravviva dopo la scelta di una mamma di Lavagna che ha chiamato la Guardia di Finanza per cercare di porre un freno a suo figlio, consumatore di cannabis, che poi si è suicidato durante la perquisizione domiciliare dei finanzieri, scattata dopo aver trovato effettivamente della cannabis addosso al ragazzo. Tra i genitori (e non) c’è chi è preoccupato per il consumo di stupefacenti da parte del figlio e c’è chi, invece, lo considera quasi un naturale passaggio della giovinezza, quanto l’auto-scoperta del proprio corpo lo è dell’adolescenza. In buona sostanza, per queste persone la cannabis non fa male, anzi è meno dannosa dell’alcool.
Il professor Guido Valle, autore di numerose opere di carattere neuro-fito-farmacologico, al riguardo richiama che molti Stati hanno modificato la loro legislazione rendendo legale l’uso ricreazionale o medico della marijuana negli adulti, contribuendo a creare la diffusa opinione che il consumo di marijuana sia accettabile, privo di rischi e terapeutico. Per quanto tali legalizzazioni si riferiscano agli adulti e non ai minori ciò aumenta il rischio di esposizione di soggetti in età adolescenziale.
Esiste un’ampia evidenza scientifica tra consumo di cannabis durante l’adolescenza e la presenza di deficit cognitivi e di psicosi (schizofrenia) nell’età adulta. E’ durante la pubertà, infatti, che si completa la maturazione dell’encefalo e l’esposizione protratta alla marijuana in tale periodo può alterare i processi maturativi e riorganizzativi cerebrali con danni permanenti che esitano in affezioni neuropsichiatriche e in aumentato rischio di dipendenza da cannabinoidi.
La cannabis non sembra proprio la panacea del nuovo millennio, non cura affatto il cancro e se la sua efficacia, quale sedativo, è stata verificata dai medici ed approvata per l’uso in alcune malattie neurodegenerative, quale imbecille assumerebbe “baclofen” senza avere la Sla? E’ necessario perciò fare una distinzione tra l’uso terapeutico della cannabis e l’uso ludico, che pure se fatto passare da “Le Iene” come “normale”, non è affatto salubre.
Secondo la relazione annuale al Parlamento sulle dipendenze del Dipartimento delle politiche antidroga il 32% degli italiani ha provato la cannabis almeno una volta, forse è per questo che la percezione della pericolosità non è così alta. Anzi è talmente bassa che dopo qualche controllo di Polizia con cani antidroga, vanno sulle barricate studenti, genitori e anche qualche preside.
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, conferma al “Corriere” che la scuola è ormai diventata “la piazza principale dello spaccio”. Avverte – “Questa è una vera emergenza, non si tratta più ormai solo di casi sporadici, ma della normalità”. Richiama perciò ad un’azione sinergica “siamo impreparati, serve l’aiuto di tutti, una vera e propria alleanza tra famiglia, scuola e Stato”. Visione differente per i collettivi degli studenti medi auto-organizzati di Bologna per i quali le scuole sono “luoghi di formazione, non piazze di spaccio… luoghi sacri e inviolabili nei quali non è tollerabile fare entrare poliziotti, cani ed armi”. Questa dei luoghi inviolabili assomiglia molto alla pretesa degli studenti dei collettivi universitari di Bologna che non volevano i tornelli all’ingresso della biblioteca che il rettore voleva mettere, proprio per non far entrare estranei, di cui parecchi spacciatori.
Il consumo di droga dovrebbe essere un problema sentito visto che il 43% delle scuole italiane ha attività specifiche per la prevenzione, percentuale in crescita, che tocca il 51% delle superiori. Deve essere ben poco cosa questa attività se, nei licei romani, è più facile acquistare “due canne” che non la merenda.
Il problema fondamentale è la scarsa percezione della pericolosità della cannabis che si trasforma in scarsa antigiuridicità del consumo. Troppo facile l’accostamento all’alcool, è vero fa male anche questo, ma di certo nessun preside metterebbe dei distributori automatici di “shottini” a scuola. Avrebbe senso seguire la lezione ubriachi? E perché “sconvolti” dovrebbe essere differente?
Alla fine anche la questione cannabis diventa politica tra antiproibizionisti e proibizionisti, tra sostenitori del “non fa male” e quelli del contrario. Nel frattempo i ragazzi fumano spinelli, tra integrali e derivate o tra Orazio e Tacito, sfugge ancora cosa capiranno ma forse il mistero è parte della scuola quale “luogo sacro”, in fondo, proprio i luoghi sacri dell’antichità erano posti dove gli sciamani consumavano droghe. Nel frattempo alcuni genitori cercano aiuto e non lo trovano, mentre i loro figli fanno la fortuna degli spacciatori.
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