Tra leggi leggine e leggerezze
cronistoria di un Paese
sempre in affanno
L’affollamento delle carceri italiane è da sempre al centro di molte discussioni, ma è negli ultimi dieci anni che sta condizionando fortemente la politica italiana.
L’ultimo provvedimento di clemenza nei confronti della popolazione detenuta è stato adottato dal Parlamento con la “Concessione di indulto” della legge 241 del 31 luglio 2006, giorno in cui nelle carceri italiane erano presenti quasi 61mila persone (60.710 per la precisione).
Il provvedimento del 2006 ha permesso di risolvere (temporaneamente) una situazione che era stata considerata da più parti come “insostenibile”, vista la capienza delle carceri italiane che in quei mesi si aggirava intorno ai 42.000 posti detentivi.
Secondo le stime del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria posto sotto il ministero della Giustizia), l’indulto doveva portare alla liberazione anticipata di quasi 13mila persone. Nella realtà, il 31 agosto 2006 in carcere erano presenti 38.326 detenuti, quindi, un saldo netto di -22.384 persone che in un solo mese avevano riacquistato la libertà.
In totale sono stati 36.741 i detenuti che hanno beneficiato dell’indulto del 2006, considerando anche gli 8.155 soggetti in esecuzione penale esterna (fonte Dap/Istat). Lo scostamento tra la previsione del Dap dei 13mila detenuti che avrebbero dovuto beneficiare dell’indulto e i 37mila detenuti che ne hanno effettivamente beneficiato, avrebbe già dovuto far capire molto delle reali capacità di analisi e previsione dell’Amministrazione penitenziaria, ma questo era solo l’inizio di una situazione destinata a peggiorare.
Come era stato ampiamente denunciato da quasi tutti i sindacati del Corpo di Polizia Penitenziaria, limitarsi solamente ad una mera liberazione anticipata senza introdurre riforme strutturali nel sistema penitenziario italiano (assunzioni, edilizia, normative), avrebbe determinato solo una breve boccata d’ossigeno e la situazione sarebbe presto tornata ai livelli precedenti se non peggiori.
Già dal settembre 2006 infatti, il numero complessivo dei detenuti torna a salire raggiungendo le 39.005 presenze a dicembre 2006, 48.693 a dicembre 2007, 58.127 a dicembre 2008. Ma è dal febbraio 2009 in poi che la situazione diventa davvero critica.
Il 28 febbraio le carceri italiane ospitano 60.350 persone, annullando di fatto gli effetti dell’indulto del luglio 2006 e inaugurano una fase emergenziale che a tutt’oggi non si è ancora conclusa. Poche settimane prima, il 7 novembre 2008, l’allora Ministro della Giustizia Angelino Alfano, annuncia un Piano di edilizia carceraria (in seguito conosciuto come “Piano Carceri”) studiato con Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture.
Dal febbraio 2009 fino al marzo 2014 (più di cinque anni consecutivi) i detenuti presenti nelle carceri superano costantemente le 60.000 unità, con una fase critica che va dall’ottobre 2009 al giugno 2013 (tre anni e mezzo consecutivi) in cui non scendono sotto le 65.000 presenze, con un picco di 69.155 detenuti a novembre 2010!
Il punto di svolta però arriva all’inizio del 2013.
La sentenza
Cedu “Torreggiani”
condanna l’Italia
Considerato il notevole sovraffollamento delle carceri italiane, la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (Cedu), l’8 gennaio 2013, emette la sentenza sul “caso Torreggiani”, e dichiara la violazione da parte del nostro Paese dell’articolo 3 della Convenzione europea che stabilisce il divieto di tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti, stabilendo anche un termine della durata di un anno per porre rimedio alla suddetta violazione. La sentenza stabilisce un rimborso totale di 100.000 euro per danni morali ai sette detenuti che avevano presentato ricorso. I giudici inoltre constatano che il problema del sovraffollamento penitenziario nel nostro Paese è di natura strutturale, e che il problema della mancanza di spazio nelle celle non riguarda solo i sette ricorrenti: la Corte ha già ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti che sostengono di essere tenuti in celle dove avrebbero non più di tre metri quadrati a disposizione.
Il termine perentorio di un anno per porre rimedio alla situazione stabilito dalla Corte e le pesanti sanzioni e rimborsi economici che l’Italia avrebbe dovuto subire se non avesse posto rimedio al sovraffollamento delle carceri, “stimola” il governo e il Parlamento ad adottare una serie di provvedimenti le cui conseguenze oggi ricadono sul Corpo di Polizia Penitenziaria, ma che negli anni a venire ricadranno (e per la maggior parte) su tutte le altre Forze di Polizia.
Papa Francesco
Il 13 marzo 2013 il Cardinale Jorge Maria Bergoglio viene eletto Papa della Chiesa cattolica e assume il nome di “Francesco”. Il 28 marzo si reca in visita presso il carcere minorile di Casal del Marmo a Roma.
Il 23 ottobre il Pontefice parla a braccio davanti ai circa 200 partecipanti al Convegno nazionale dei cappellani delle carceri italiane promosso a Sacrofano, nei pressi di Roma, sul tema “Giustizia: pena o riconciliazione. Liberi per liberare”.
Il 22 settembre, passa davanti al carcere di Buoncammino e più tardi, in Cattedrale, Papa Francesco incontra poveri, carcerati e ammalati.
Il governo Enrico Letta
Il 28 aprile 2013 vengono nominati i Ministri del governo Letta: ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, già ministro dell’Interno nel precedente governo Monti.
I primi provvedimenti
dell’Italia contro
il sovraffollamento
delle carceri
Dopo la sentenza Torreggiani seguono mesi e settimane in cui infuria il dibattito anche parlamentare, ma sostanzialmente rimane tutto fermo in attesa che la Corte si pronunci sul ricorso alla sentenza presentato dall’Avvocatura dello Stato. Nel maggio del 2013, la Cedu conferma la sentenza di condanna che diviene quindi definitiva e riparte il countdown di un anno di tempo a disposizione per risolvere la questione. Lo Stato a questo punto è di fronte ad altre migliaia di richieste di risarcimento di detenuti che nel frattempo hanno reso pendenti davanti alla Corte europea dei Diritti, e a tutti i ricorsi che seguiranno dopo questo precedente. Il calcolo delle spese di risarcimento per ogni detenuto che abbia scontato la propria pena in meno di tre metri quadrati a disposizione nella propria cella, è abnorme.
La cifra approssimativa è non meno di 300 milioni di euro di risarcimento, ma stime più allarmanti parlano addirittura di un miliardo di euro che lo Stato dovrà versare ai detenuti ricorrenti.
Il 26 giugno il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e il Presidente del Consiglio Enrico Letta, annunciano l’approvazione di un decreto per ridurre il sovraffollamento delle carceri che prevede l’uscita anticipata dal carcere per buona condotta e il ricorso alle pene alternative e a lavori di pubblica utilità: tutte le possibilità previste sono da intendersi per i detenuti meno pericolosi. La norma prevede inoltre che siano reclusi solo “i condannati che abbiano commesso reati di particolare allarme sociale”. Nei casi di reati non gravi si potrà ricorrere alla scarcerazione anticipata: “una riduzione di pena pari a 45 giorni per ciascun semestre di buona condotta passato in carcere”.
Nei primi giorni di luglio, viene depositata al Senato una proposta di legge di iniziativa parlamentare (prima firmataria Donatella Ferranti, Pd) per le "Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili" (che saranno poi definitivamente approvate con la legge n. 67 del 28 aprile 2014).
Il 22 luglio 2013 il Presidente della Camera Laura Boldrini visita il carcere romano di Regina Coeli e dichiara che il sovraffollamento non è più tollerabile, bisogna ridare dignità ai detenuti e che il provvedimento di “messa alla prova” (passato già alla Camera e in discussione al Senato) è un valido strumento.
L’approvazione del Senato arriva l’8 agosto e il decreto “svuota carceri” diventa la legge 94/2013. Insorge la Lega che ne denuncia l’inefficienza, ma il senatore Pd Lumia dichiara che è solo un primo passo, seguiranno altri provvedimenti.
Il report della Corte
dei Conti: la rieducazione
dei carcerati non funziona
Nel frattempo la Corte dei Conti lancia un allarme: "La rieducazione dei carcerati non funziona, colpa della disorganizzazione". "Carenze a livello pianificatorio caratterizzate dall'inadeguatezza di validi percorsi scolastici e formativi oltre che dall'insufficiente coordinamento sul territorio dei diversi soggetti istituzionali preposti". Troppe le carenze evidenziate dalla Corte dei Conti, tra le quali anche una mancanza nel controllo dei risultati “sul piano dei monitoraggi e degli indicatori, con conseguente difficoltà di verificare compiutamente gli effetti conseguiti a seguito delle condotte attività di rieducazione carceraria".
Le richieste di amnistia
e indulto
La situazione del sovraffollamento rimane preoccupante ed ecco allora che rimbalzano, di nuovo, gli appelli per l’adozione di un’amnistia o di un indulto (che si protrarranno ininterrottamente fino ad oggi).
Ma il fallimento dell’indulto del 2006 è ancora troppo evidente, mentre uno studio scientifico rileva/rivela come dal 1962 al 2006 l’Italia abbia “collezionato” 13 provvedimenti tra indulti e amnistie (quasi uno ogni tre anni).
Nel caso in cui si approvasse un’altra amnistia o un altro indulto, in queste condizioni, in pochissimi anni ci ritroveremmo di nuovo in emergenza. Le carceri italiane infatti si riempiono con estrema facilità e questo dipende soprattutto da due leggi: quella sulle droghe leggere e quella sul reato di clandestinità e nemmeno la legge n. 199/2010 (esecuzione presso il domicilio delle pene detentive), voluta dal ministro della Giustizia Angelino Alfano nel 2010, riesce a contenere il problema nonostante, da allora, 11.813 detenuti (dato aggiornato al 31 agosto 2013) siano usciti dalle carceri.
Il messaggio al Parlamento
del Presidente
della Repubblica
Giorgio Napolitano
A febbraio il Presidente della Repubblica Giorno Napolitano, visitando il carcere di Milano San Vittore, si era già pronunciato favorevolmente per l’amnistia e anche il ministro Cancellieri e il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) si erano mostrati favorevoli in altre occasioni.
Il 28 settembre il Presidente Napolitano si reca in visita al carcere di Napoli Poggioreale, ma è l’8 ottobre 2013 che Napolitano invia un messaggio alle Camere con il quale chiede esplicitamente al Parlamento l’adozione di soluzioni rapide ed efficaci.
Tra queste, il Capo dello Stato menziona la depenalizzazione, i domiciliari, ma anche l'indulto e l'amnistia ed invita il Parlamento a prenderli seriamente in considerazione.
La discussione sull’amnistia coinvolge però anche la questione della condanna di Silvio Berlusconi e un provvedimento del genere appare sempre più difficile da adottare.
Il secondo Decreto
Letta/Cancellieri
L’attenzione e la pressione sulle carceri aumenta di giorno in giorno fino a quando il governo fa un ulteriore passo per tentare di ridurre il sovraffollamento: “Nessun indulto o indultino”, assicura il ministro Cancellieri, “nessun pericolo per i cittadini”, rafforza Letta. Con queste necessarie precisazioni, il governo approva il decreto del 23 dicembre 2013 che cerca di mettere mano ad un sovraffollamento delle carceri che intanto è arrivato al 131%.
Il provvedimento in sintesi prevede:
- Liberazione anticipata - Lo “sconto” di buona condotta per la liberazione anticipata passa da 45 a 75 giorni ogni 6 mesi di carcere. La misura, che scatta sempre con l’ok del giudice, avrà valore retroattivo dal gennaio 2010 e varrà 2 anni dall’entrata in vigore della legge.
- Affidamento in prova - Viene innalzato da 3 a 4 anni il “tetto” di residuo pena da scontare per il quale si può beneficiare dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
- Domiciliari - La misura che consente di trascorrere a casa gli ultimi 18 mesi di detenzione, che era già stata introdotta in maniera temporanea e sarebbe scaduta il 31 dicembre, si è dimostrata efficace, consentendo, al 30 settembre 2013, la scarcerazione di 12.109 detenuti.
- Porte girevoli - Vengono rilanciate le disposizioni simili a quelle già introdotte dal ministro Paola Severino del governo Monti. Il pm potrà sospendere l'esecuzione della pena per dar modo al condannato di chiedere al Tribunale di sorveglianza, da libero, una misura alternativa al carcere. Per il ministro, si è andati così “a toccare gli aspetti normativi del fenomeno delle cosiddette "porte girevoli", per cui il detenuto entrava in carcere, ci stava pochi giorni e poi veniva mandato ai domiciliari”. Un fenomeno, sottolinea il Guardasigilli, “che porta un movimento di 20-30mila persone l’anno che vanno e vengono” dalle carceri.
- Braccialetto elettronico - Ampliata la sua adozione per la detenzione domiciliare: ora i magistrati saranno obbligati a stendere delle motivazioni quando non lo adottano.
- Espulsione extracomunitari - Le procedure di identificazione dovranno essere avviate subito dopo la carcerazione e viene potenziata l’espulsione immediata in alternativa agli ultimi due anni di pena per alcuni reati minori.
- Tossicodipendenti - Si accresce l’affido terapeutico per i detenuti tossicodipendenti per favorirne la cura nelle comunità di recupero anche in caso di recidiva per reati minori. Viene modificata la Fini-Giovanardi e arriva il reato di «spaccio lieve» con pene da 1 a 5 anni.
- Magistratura di Sorveglianza - Crescono anche i poteri del magistrato di sorveglianza, soprattutto in fatto di urgenza e immediatezza di intervento.
- Garante nazionale dei detenuti - Viene istituito il Garante nazionale dei detenuti, organo indipendente preposto a una tutela extra-giudiziale dei diritti di quanti si trovano ristretti negli istituti penitenziari.
[1 - continua]
*Ispettore Capo Polizia Penitenziaria
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