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Marzo/2017 - Articoli e Inchieste
Primo Rapporto 2016
Zoom della Dia sulle attività criminose delle mafie
di Marco Scipolo

Una vasta area “grigia” di alte professionalità offre
sinergie all’azione delle mafie sempre più
concentrate su usura e droghe

Alla realizzazione dei progetti criminosi delle diverse mafie partecipa anche «una platea variegata di soggetti che si caratterizzano per una marcata professionalità, maturata nei più svariati settori». L’attuale strategia di azione delle mafie, quindi, comprende l’apporto di «“sinergie professionali”, cementate dalla corruzione». Si evidenzia, dunque, l’attivismo di questa vasta “area grigia”. E’ uno dei passaggi più significativi delle risultanze investigative contenute nell’ultimo rapporto semestrale della Dia, relativo alla prima metà del 2016.
COSA NOSTRA. Nonostante la persistente crisi nella quale si trova, «continua ad essere un’organizzazione criminale fortemente strutturata, avente un proprio ordinamento, un vasto bacino di reclutamento ed elevate potenzialità offensive». Sul piano “militare” ha una consistente disponibilità di armi e munizionamento.
Inoltre, cresce l’insofferenza verso il potere esercitato dalla frangia corleonese, la cui autorità «finora non era mai stata messa apertamente in discussione». La criminalità organizzata siciliana rimane ancora nella fase di inabissamento, una obbligata scelta strategica di sopravvivenza per evitare la pressione dello Stato: si sarebbe specializzata nel controllo e nella fornitura di beni e servizi di varia natura.
Tra i reati commessi: estorsione, usura e traffico di stupefacenti. «Sembrerebbe prossima a una svolta nel processo di revisione interna e protesa all’individuazione di una leadership alternativa a quella storica corleonese, ora in declino anche per ragioni anagrafiche e di salute dei rappresentanti più autorevoli».
’NDRANGHETA. L’organizzazione criminale calabrese, che tende a replicare altrove gli assetti organizzativi interni alle cosche, è una delle più temibili mafie a livello internazionale.
«Non è più da considerare un insieme di cosche “monadi”, ma un tutt’uno solidamente legato, con un organismo decisionale di vertice ed una base territoriale». All’apice della struttura, gerarchicamente organizzata, vi è il “crimine” o “provincia”, sovraordinato ai cosiddetti “mandamenti”, che insistono sulle tre macroaree geograficamente individuabili nella “ionica”, “tirrenica” e “centro”.
Si tratta di una struttura dalla duplice faccia: «Una moderna, fluida, versatile e in grado di aggiornarsi e cogliere ogni occasione di profitto, l’altra dal carattere arcaico, fatta di regole, gradi, prassi, formule, giuramenti, santini e sangue, che unisce e rinsalda il sistema». La sua principale fonte di finanziamento resta il traffico internazionale di stupefacenti. Si osserva, inoltre, lo spostamento dell’asse degli interessi delle ’ndrine «da singole realtà imprenditoriali o commerciali alla filiera della grande distribuzione commerciale, nevralgica nelle dinamiche sociali ed imprenditoriali di qualsiasi territorio».
CAMORRA. La criminalità organizzata campana si conferma «multiforme e complessa, fortemente radicata nell’intera regione e difficile da inquadrare in una definizione unitaria». Nei luoghi in cui, con frequenza quasi giornaliera, si verificano azioni violente «i gruppi sembrano, infatti, aver assunto una struttura “pulviscolare” che ne accentua le conflittualità». Questi gruppi, soprattutto quelli in azione nell’area metropolitana di Napoli, sono accomunati dalla spregiudicatezza che spesso si manifesta con le “stese” (le sparatorie non controllate a bordo di moto).
«A questa espressione pulviscolare della camorra se ne affianca tuttavia un’altra, rappresentata da clan più strutturati che, limitando il ricorso ad azioni violente, lascerebbero la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite, per dedicarsi quindi ad attività criminali di più alto profilo, quali il riciclaggio e il reimpiego di denaro di provenienza illecita».
La camorra sta diventando sempre più protagonista nella gestione dei grandi flussi della droga di provenienza sudamericana e nordafricana, «potendo contare su strutturate reti criminali in grado di rinnovare le tecniche di occultamento e di modificare costantemente le rotte internazionali».
SACRA CORONA UNITA. I sodalizi criminali pugliesi hanno caratteristiche molto divergenti rispetto a quelle che contraddistinguono altre realtà delinquenziali come cosa nostra e la ’ndrangheta, con le quali tuttavia interagiscono. Quest’ultime attuano da tempo la strategia dell’inabissamento, «caratterizzata dal progressivo abbandono delle attività criminali tradizionali e da una pervasiva attività di infiltrazione nell’economia “legale” e negli appalti pubblici». La criminalità pugliese, come la camorra napoletana, invece non la pratica e continua a mantenersi ancorata alle classiche attività delittuose.
Tale situazione si può spiegare con «la detenzione degli storici capi dei clan e la progressiva assunzione dei ruoli di vertice da parte di giovani emergenti, lontani dagli schemi gerarchici e dalle regole tramandate dai predecessori». Si registra, in particolare, che le giovani generazioni della provincia di Lecce sembrano meno sensibili all’autorevolezza dei capi locali «tanto da non apprezzare le tradizionali cerimonie delle affiliazioni, e quindi ambire ad una promozione all’interno del gruppo», mentre le nuove leve malavitose della provincia di Taranto «rafforzerebbero i loro legami proprio attraverso tali pratiche».
I gruppi pugliesi si mostrano dinamici nel traffico di sostanze stupefacenti «dove prosegue l’interazione con i sodalizi albanesi, serbi, montenegrini, bosniaci e kosovari per lo smistamento dei carichi di droga diretti alle piazze di spaccio del centro e nord Italia». Il centro-nord è un’area di interesse per i gruppi della provincia di Foggia, «organizzati per commettere furti e rapine».

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