La battaglia si combatterà ormai solo in sede legale.
Il silenzio del Comandante generale dei Carabinieri.
Poco chiaro il processo di accorpamento
Con le lacrime agli occhi, uomini e donne del Corpo Forestale dello Stato, il pomeriggio del 31 dicembre, hanno ammainato per l’ultima volta la loro bandiera. Dal primo gennaio 2017, come disposto dal decreto legislativo entrato in vigore il 13 settembre scorso, il Corpo Forestale dello Stato non esiste più. “Signori, buona fortuna. Evviva il Corpo Forestale”. Queste le parole del comandante della Scuola Forestale di Sabaudia, Alessandro Bettosi, poco prima dell’ammainabandiera.
Le proteste dei Forestali non sono servite a molto; neanche l’ultimo disperato picchetto, il 19 dicembre scorso, è riuscito a rallentare l’inevitabile. Un centinaio di forestali e tutti i rappresentanti dei sindacati di categoria, riuniti davanti al Dipartimento della Funzione Pubblica, non sono riusciti a convincere la ministra Madia a farsi ricevere. La battaglia ormai si combatterà solo in sede legale. “Solo la Cgil - ci spiega Francesco Quinti, responsabile nazionale del Comparto Sicurezza della Cgil - da sola ha raccolto circa mille ricorsi, tra forestali di ogni ordine e grado. Ma complessivamente tra ricorsi organizzati dai diversi sindacati e gruppi di ricorsisti nati spontaneamente sul territorio, siamo a circa tremila unità”.
I termini per presentare ricorso sono scaduti il 7 gennaio, le prime “udienze collegiali per le richieste di sospensiva urgente sono fissate in vari Tar d'Italia per metà gennaio”.
Il processo di accorpamento del Corpo Forestale, per ora, è ancora poco cristallino. Ad esempio, “sui corsi di militarizzazione”, ribadisce Quinti, “si sa ben poco”. “Né il Capo del Corpo Forestale dello Stato né il Comandante dell'Arma hanno infatti ritenuto utile fornire le informazioni necessarie sul proprio futuro ai forestali e alle loro famiglie, che hanno vissuto le settimane precedenti la militarizzazione letteralmente sulla graticola, aspettando delucidazioni che non sono mai arrivate”. In base a delle “comunicazioni ufficiose”, continua Francesco Quinti, sembrerebbe “che quasi tutti i colleghi conserveranno, almeno inizialmente, la sede di servizio attuale. Lo stesso vale per le poche unità di personale dislocate in Parchi, Riserve, porti e aeroporti delle Regioni a Statuto Speciale. Ma non abbiamo alcuna rassicurazione sul futuro, che potrebbe vedere, già nei prossimi mesi il trasferimento di molti forestali”.
Qualunque scelta farà il governo, la militarizzazione dell’unico Corpo di Polizia dello Stato specializzato nella repressione di illeciti ambientali ed agroalimentari non sarà un processo economico. Tra nuove divise, corsi di militarizzazione, adeguamento di mezzi, velivoli e caserme, armi da fornire al personale tecnico amministrativo (anch'esso militarizzato), e l'investitura di 3 nuovi generali, ci sarà un notevole aggravio di spesa. Se a questo aggiungiamo che invece i “Corpi Forestali delle Regioni a Statuto Speciale, i Corpi di Polizia Provinciale, i Guardia Parco, i famosi operai forestali regionali, che contano qualche decina di migliaia di unità in tutto, non verranno minimamente interessati dalla riforma”, si può facilmente intuire come il vero scopo della riforma non sia il risparmio.
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