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Gennaio - Febbraio/2017 - Articoli e Inchieste
Cellulari alla guida
Una telefonata non allunga la vita
di Marco Reggio

I grandi produttori, per timore di perdere
quote di mercato, non spingono
su tecnologie di sicurezza alla loro
portata. Intanto, i cinesi studiano
nuove forme di connettività

L’auto davanti rallenta, poi tende verso il centro della carreggiata. Infine recupera la traiettoria, sbanda questa volta a destra. E’ un attimo. Conviene superarla. Al volante una ragazza che con una mano tiene lo smartphone e manda messaggi mentre, con l’altra, cerca di guidare. Non pensa certo che, se trovasse un ostacolo, a 50 all’ora avrebbe bisogno di 25 metri per fermarsi; di 100 metri se andasse a cento. Sta andando a circa 60. Fate voi i conti.
Guidare mentre si usa il telefonino. E’ una delle peggiori (e più rischiose) abitudini tra gli automobilisti, tra le più difficili da certificare. Un illecito che il Codice della strada, all’articolo 173, comma 2 (divieto di fare uso durante la guida di “apparecchi radiotelefonici”) punisce con una sanzione amministrativa da 161 a 646 euro e una decurtazione di cinque punti sulla patente. Ma, quando fu varato il nuovo Codice, esistevano solo telefonini a funzione basica. Adesso i moderni terminali consentono di vedere programmi tv, andare sui social, girare video. Punto primo: converrebbe rivederla, quella norma.
Che poi le auto di oggi siano dotate di bluetooth che consente di fare e ricevere telefonate in automatico senza togliere le mani dal volante, o che siano obbligatori almeno gli auricolari, non importa molto. Chi manda un sms mentre guida, chi si scatta una foto in autostrada o si china a raccogliere il telefono per rispondere è convinto che “non succederà nulla”, che “ha tutto sotto controllo”. Lo dicono gli psicologi: “Li considerano comportamenti abituali, pertanto ripetitivi, che ci impegnano solo pochi secondi e inconsciamente sicuri”.
Ma non è così. In Italia, nel 2015, i decessi per incidenti stradali (3.149) sono tornati ad aumentare per la prima volta dopo 15 anni con una crescita dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Per l’Istat, le cause sono - nell’ordine – la guida distratta dall’uso improprio del cellulare, il mancato rispetto delle regole di sicurezza e di precedenza, la velocità non regolamentare. Una statistica che sembra contraddire il luogo comune dello stato di ubriachezza come prima causa d’incidente.
Un dato che porta alla seconda, seria riflessione, sull’uso di strumenti adeguati che – come per l’etilometro (che ha cambiato in meglio le abitudini del sabato sera, sollecitando nei giovani l’alternanza di chi non beve alla guida) dovrebbero o potrebbero educare a un uso responsabile del volante. O magari suggerire una “pubblicità progresso” dove presentare il dato shock che ad uccidere potrebbero essere più i cellulari degli alcoolici.
A inventarsi qualcosa di nuovo, in attesa di una regolamentazione nazionale, la Polizia Municipale di Torino che ha iniziato a sequestrare gli apparecchi tecnologici (dal telefonino al tablet) trovati nelle auto coinvolte in incidenti per analizzarli e capire se ne siano stati causa. Può aiutare anche il Telelaser: a Bari in un solo mese i vigili urbani hanno fotografato 138 autisti al cellulare. Ma sono gocce nel mare.
Una vera inversione di tendenza ci potrebbe essere quando si potranno “bloccare” – e qui un’altra proposta al legislatore - gli acquisti di telefonini o sim di chi verrà ritenuto responsabile di un incidente e rendere corresponsabili coloro che ne risultassero gli effettivi proprietari.
Dal Viminale intanto giungono segnali d’interesse e apprezzamento. Ma si fa di necessità virtù. A Roma e Milano girano poliziotti in motocicletta (più facile affiancarsi alle auto e scoprire chi guida con il cellulare sulle gambe) e le multe fioccano: a Milano 1.600 da gennaio a giugno (contro le 1.200 dell’anno precedente), un trend che si riscontra più o meno in tutti i grandi centri. Ma non basta.
Fin qui le soluzioni dettate dal buon senso e dalla fantasia di chi ogni giorno vigila sulla sicurezza stradale.
La tecnologia, che già oggi potrebbe bloccare qualsiasi funzione del telefonino che non sia quella di base, utilizzabile solo in viva voce una volta accesa l’auto, sembra segnare il passo. Perché i grandi produttori, per paura di perdere quote di mercato, sembrano girare la testa dall’altra parte. E questo, nonostante negli Usa, dove ogni anno sono coinvolti in incidenti stradali 2 milioni e mezzo di persone (1,6 mentre usano il cellulare), Apple e Samsung da tempo avevano messo le mani avanti.
Porta il numero 8.706.133 la registrazione dell’ufficio brevetti americano presentato da Apple addirittura nel 2008 e descritto come “Driver handheld computing device lock-out” (sistema che blocca dispositivi elettronici manuali mentre si guida). Ma a tutt’oggi la casa di Cupertino non ha deciso di inserirlo di default tra le applicazioni del sistema operativo iOS. Samsung, che usa il sistema Android (il più diffuso al mondo con oltre l’80 per cento del mercato), si mantiene attendista e studia le mosse del suo principale competitor.
E’ di pochi giorni fa la notizia che Apple indipendentemente dalla App salva automobilisti, dopo 13 anni ininterrotti di crescita, nel trimestre gennaio-marzo ha registrato un calo degli utili. Parliamo di cifre irrisorie rispetto ai 50,6 miliardi di dollari di fatturato, che però preoccupano e stanno facendo riflettere su come venire incontro alle sempre nuove necessità dell’utente medio. Samsung, nel settembre 2016 – il primo gruppo industriale al mondo per fatturato - ha dovuto fare i conti con il malfunzionamento del prodotto che avrebbe dovuto contrastare l’Apple Iphone 7 sul terreno degli smarthpone di fascia alta: il suo Galaxy Note7 è stato ritirato dal commercio non per intralcio agli automobilisti, ma per diversi casi di surriscaldamento (ed esplosione) della batteria al litio. Il risultato, 17 miliardi di dollari di fatturato in fumo.
A fregarsi le mani, i cinesi della Huawei, ora con un fatturato di circa 61 milioni di dollari, che piano piano recuperano terreno. E non hanno fatto mistero di voler investire su nuove forme di connettività.
Qualcosa si muove, infine, sul terreno delle sinergie. Perché la soluzione al problema passerà certamente attraverso un patto tra produttori: Samsung ha da poco stretto un accordo commerciale con Google (a sua volta ideatore del prototipo di auto senza guidatore) per sinergie non meglio esplicitate, ma c’è chi giura che a breve vedremo proporre una Self Drive Car (in grado di riconoscere ostacoli e seguire itinerari) integrata con un sistema audio sicuro oltre ogni immaginazione.
Parafrasando Dante, potremmo dire “più che il dolor potè il digiuno” (da fatturato). Almeno si spera. Perché non è sempre vero, come recitava una vecchia pubblicità, che una telefonata allunga la vita. Ma idee buone ci sono. E già il legislatore, se volesse, potrebbe fare molto. In attesa che l’industria non si concentri solo sulle quote di mercato ma su quelle di vite salvabili. Brutalmente – se non vogliamo parlare di etica del mercato - dei consumatori di domani.

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