La protezione deriva dalla quantità e dalla qualità del lavoro prodotto, cioè dal merito di ciascun lavoratore, ma quest’ultimo non può assumere un ruolo predominante o addirittura esclusivo, tenendo conto della necessità costituzionale di adempimento di doveri inderogabili di solidarietà.
Così, alla luce di uno standard indispensabile di protezione garantita dallo Stato, l‟assunzione di un secondo e terzo pilastro, quali elementi aggiuntivi al sistema previdenziale, non devono essere inquadrati in maniera riduttiva quali spinte reattive rispetto alla palese crisi finanziaria del welfare statale, ma piuttosto come strumenti che prendono forma proprio da uno spirito di volontà ben preciso, che risiede in capo a singoli soggetti, i quali infatti accettano di accollarsene l‟onere finanziario.
Rimane palese pertanto che i regimi concorrenti a quello pubblico non abbiano un’estensione universale, ma si sviluppino in un’applicazione soggettivamente limitata.
Il tratto facoltativo dell’adesione individuale alle forme aggiuntive permette pertanto di rimanere arbitri della propria tutela, che comunque rimane privata e spogliata da un’importanza pubblica, per quanto funzionalizzata ad un interesse pubblico, quello del benessere generale della collettività, di cui il singolo fa parte.
Il suo fine preciso rimane quello di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale, anche se l‟adeguatezza della prestazione non è assolutamente certa; in quanto, come è stato sottolineato più volte e sul cui accento si pone la vena critica di alcuni interventi, il rischio dell’investimento ricade integralmente sul singolo soggetto, forse proprio in quanto libero.
In ogni caso, in attinenza alle forme previdenziali complementari pre-esitenti, in essere prima della L. n. 412/1992, essendo stati ignorati dal legislatore i requisiti di accesso alle prestazioni, ai singoli veniva addirittura data la possibilità di scegliere l’età pensionabile più appropriata, anticipando in alcuni casi il momento del pensionamento, attribuendo ad esse la funzione di ponte tra la cessazione della fase lavorativa e quella della quiescenza vera e propria.
Con una certa lungimiranza di può ritenere inoltre chele forme previdenziali complementari possano comportare perciò un irrobustimento della riforma in atto degli ammortizzatori sociali.
|