La strategia della paura terroristica, sempre più intensa, sta disseminando timori ed insicurezze, mettendo a dura prova il “pactum societatis” con il quale il popolo trasferisce la propria sovranità ai suoi rappresentanti.
Il terrore vuole richiamare nella mente delle persone il timore di oscuri scenari verso un mondo in cui l’odio e le guerre predominano sulla pace e la convivenza civile. Vuole instillare nei cittadini la sindrome dell’accerchiamento operato da nemici invisibili, nascosti tra milioni di persone, disposti a tutto ed in grado di colpire in ogni dove e inaspettatamente.
Un terrore che si alimenta di cittadini timorosi, disorientati e sempre più sospinti dalla paura verso lo straniero.
Colpa delle politiche imperialistiche americane, colpa della tragedia dell’11 settembre, colpa della guerra in Afganistan, colpa della guerra in Iraq, colpa della guerra in Libia, colpa delle diverse civiltà, religioni, abitudini, usi e costumi.
Forse la vera colpa è da ricercare nell’emarginazione dei popoli poveri e privi di libertà e in quelli dove le democrazie fantasma li obbligano a crescere tra grandi diseguaglianze e sotto l’oppressione di morse autoritarie.
Forse la vera colpa è da ricercare negli Stati creati per essere sottomessi agli interessi di altri Stati, precondizioni ottimali per la nascita e lo sviluppo del germe della rivolta, dell’odio e del terrore.
Forse la vera colpa è da ricercare nei fanatismi, nelle autocrazie, nei regimi confessionali, nell’odio verso chi non condivide il credo unico e indefettibile che, con il suo potente messaggio ultraterreno, proietta i fedeli verso un fine migliore che non è di questo mondo. Un mondo ultraterreno raggiungibile molto spesso immergendo le mani nel sangue "infedele". Un fine supremo che profetizzando un "immaginario" mondo migliore, arma le mani di giovani uomini e donne, pronti a tutto, anche al martirio, pur di distruggere le civiltà opulente e del benessere, nelle quali sono nati e cresciuti.
La vera colpa è una miscela esplosiva di concause a cui non basterà rispondere con la forza delle armi.
Una nuova prospettiva etica e culturale che pervada le coscienze di tutti ponendo l’uomo , la sua vita e i suoi bisogni, al centro del mondo terreno, dove il rispetto per il prossimo e per l’ambiente circostante rappresenti un nuovo ordine morale e dove l’istinto dello stato di natura hobbesiano venga meno, dovrebbe essere la risposta.
I Paesi liberi e democratici sono sicuramente più vulnerabili dei regimi totalitari, ma nello scontro tra libertà e fondamentalismo, tra democrazia e satrapismo, la forza dei valori della civile convivenza, conquistata con le rivoluzioni, le guerre e le lotte sanguinarie del passato non cadrà preda del terrore.
Superando i limiti degli interessi nazionalistici delle singole democrazie, attraverso una visione del mondo meno individualistica, più socializzante e altruistica, si potrà costruire una diversa vitalità della società terrena, che risponderà con energia e giustizia agli orrori e alle minacce dei radicalismi politici e religiosi.
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