Lo scorso 25 marzo 2016 è entrata in vigore l’attesa nuova normativa che ha introdotto i reati di omicidio e lesioni personali stradali (la legge 23.03.2016 n. 41).
L’attesa è durata anni, le aspettative di alcuni ed i timori di altri era rilevanti: i commentatori si sono divisi fra favorevoli e contrari, ma quasi tutti hanno comunque evidenziato alcuni punti poco coerenti che necessiterebbero al più presto di un intervento riequilibratore, di contro le Associazioni delle Vittime della Strada l’hanno accolta con grande favore e soddisfazione, mentre alcune Associazioni di legali hanno persino palesato risvolti di presunta incostituzionalità.
Reazioni normali, oserei dire, quasi attese e forse, non vorrei ovviamente offendere nessuno, probabilmente scontate!
Premesso che, pur nella logica di un pronto intervento di “manutenzione”, ritengo comunque positive le innovazioni introdotte dalla legge 41/2016, se non altro per rendere ai familiari delle vittime (le cosiddette “vittime di secondo livello”) quel senso di Giustizia così macroscopicamente assente nella previgente normativa, mi sembra doveroso ed opportuno focalizzare l’attenzione su una prima e certamente parziale analisi circa l’impatto che la nuova legge sta avendo sull’andamento complessivo della sinistrosità.
In altri termini, il quesito che mi pare davvero rilevante recita più o meno così: la legge sull’omicidio e sulle lesioni personali stradali è servita per ridurre gli incidenti o solamente per “fare giustizia dopo”, quindi sul versante preventivo oltre che su quello giudiziario?
Per giungere ad una prima risposta, ovviamente del tutto non esaustiva, occorre avere un approccio pragmatico ed analizzare con grande attenzione i primi dati disponibili.
Nel primo semestre del 2016, rapportato all’analogo periodo dell’anno 2015, non si è purtroppo registrato alcun segno di cedimento sul versante della pirateria stradale: gli episodi gravi (omissione di soccorso in occasione di sinistri stradali mortali o con lesioni) sono stati 556 (contro i 484 del 2015) con un +14,9%, i feriti vittime di pirati delle strada sono stati 664 (contro i 575 del 2015) con un +15,5%, i morti vittime di pirati della strada (unico dato controtendenza) sono stati 52 (contro i 61 del 2015) con un -14,8%.
Da rilevare anche che il 19,7% degli episodi di omissione di soccorso ha visto protagonista un cittadino straniero, mentre gli stranieri sono stati le vittime di omissione di soccorso nel 7,3% dei casi: quindi una problematica trasversale alle diverse etnie dei conducenti.
Arrivando a dati più recenti, lo scorso fine settimana (11-13 settembre 2016), operando ancora il confronto con lo stesso periodo dell’anno 2015, registriamo ancora una volta una situazione negativa: 632 sinistri stradali (608 nel 2015), 553 persone ferite (510 nel 2015) e 23 decessi (17 nel 2015).
Dall’attenta disamina di questi dati, sembra potersi desumere che l’impatto della nuova Legge su omicidio e lesioni personali stradali sull’andamento generale della sinistrosità sia stato davvero basso, oserei dire irrilevante.
A memoria, lo stesso impatto si registrò con altri importanti innovazioni normative (il casco, la cintura di sicurezza, la patente a punti, ecc.).
Allora, leggi da buttare? Certamente no! Direi, leggi non sufficienti! Ma quali le cause e, soprattutto, cosa si può fare, ed anche: si può fare qualcosa?
Ho letto con attenzione le risultanze del progetto ‘Vacanze sicure 2016’, che Polizia Stradale e Associazioni Produttori e Rivenditori Pneumatici hanno presentato recentemente: circa 12.000 veicoli controllati in 6 Regioni italiane (42 Provincie analizzate su 110, pari al 38% del totale).
Un veicolo su cinque è risultato non in regola in materia di pneumatici (gomme lisce, danneggiate, non omologate, non conformi, invernali usate in estate): evidente la mancanza cronica di manutenzione da parte dei conducenti che si sono mostrati nei fatti non consapevoli del fatto che l’attività di controllo delle Forze di polizia deve procedere all’unisono con l’attenzione da parte di tutti e di ciascuno alla propria ed all’altrui sicurezza.
Descritta brevemente la situazione, possiamo tornare al quesito che ci siamo posti prima e cioè a quel “che cosa si può fare”?
In altri termini, appare oramai ineludibile arrivare al centro della questione e cioè alla riflessione da fare con spirito laico ed esente da partigianerie sulle strategie di prevenzione che siamo riusciti finora a porre in essere in tema di circolazione stradale.
Giustissimi i richiami a sempre nuove metodologie di approccio alla cultura della sicurezza sui mass-media e nelle scuole (il riuscitissimo ‘Progetto Icaro’ della Polizia Stradale sta giungendo alla 17^ edizione), interessanti e necessari progetti come ‘Ania Cares’ che pongono l’attenzione sulle vittime della strada e sui loro familiari, fondamentale la creazione di strumenti quali la ‘Carta dei Diritti delle vittime della strada’ per assistere le persone anche dal punto di vista giuridico, ma ancora siamo sul versante della “medicina di attesa”, cioè di quel medico che attende il suo paziente malato per portargli le cure del caso e tutto questo non è risultato purtroppo sufficiente.
Ritengo allora che si debba incidere maggiormente sulla “medicina di iniziativa”, cioè su tutte quelle misure che porteranno ad avere meno persone malate e quindi bisognose di cure dal medico.
Siamo inesorabilmente tornati al concetto “antico” della prevenzione.
Se davvero tutti noi (le Autorità preposte in testa) desideriamo incidere sul dato generale della sinistrosità stradale con l’obbiettivo condiviso di ridurla quanto più possibile, dobbiamo convincerci che non esiste altra strada che quella di incrementare in misura sostanziosa le pattuglie di vigilanza stradale.
Ogni Ufficio di Polizia Stradale dovrebbe potere fare uscire in servizio più Pattuglie per turno, avendo ovviamente un congruo numero di autovetture a disposizione per poterlo fare.
Analizzando infatti nel complesso, ed anche a livello regionale e provinciale, le Pattuglie effettive che la Polizia Stradale riesce a fare uscire (con grandissima abnegazione ed encomiabile sacrificio dei singoli), ci renderemmo conto che i livelli numerici sono generalmente stabili o in lieve flessione rispetto a quelli di dieci, quindici o addirittura venti anni fa, quando i volumi di traffico erano decisamente inferiori a quelli odierni.
Ho accennato alla Polizia Stradale, ma le Polizie Municipali e le altre Forze dell’ordine non offrono situazioni migliori.
La probabilità che ha un conducente indisciplinato di essere fermato, controllato e (se dovuto) sanzionato è davvero bassa e tutti se ne sono resi conto da anni, tanto che i comportamenti alla guida sono diffusamente non conformi alle ‘Norme di Comportamento’ stabilite dal Codice della Strada.
Proprio il “banale” mancato rispetto delle norme del Codice della Strada costituisce la causa principale degli incidenti stradali.
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