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Luglio-Settembre/2016 - Articoli e Inchieste
L'altra faccia della medaglia
Le grafie dei "mostri"
di Sara Cordella

Non è facile parlare del male. Non è facile dare un nome al male. Perché chiamarlo per nome e cognome significa in qualche modo renderlo più vero.
Allora, per i casi di cronaca nera che più fanno paura, si tende a ritradurre i nomi degli assassini in aggettivi che li definiscano e, possibilmente, a dar loro una collocazione geografica, in modo da poterli in qualche modo isolare in un preciso e ristretto contesto spaziale.
Abbiamo il mostro di Foligno, il prete di Boston, ma non possiamo dimenticare il mostro di Firenze, la saponificatrice di Correggio, il canaro della Magliana e alla memoria ne potrebbero tornare tantissimi.
Perché il male, se troppo vicino, fa paura, non è accettato.
Si e scelto di raccontare, in chiave grafologica, due storie di questi “mostri” consapevoli del fatto che questi sono gli episodi che più hanno fatto scalpore ma che, tuttavia, non rientrano nel campo delle statistiche.
Il vero mostro è più spesso quello che viene chiamato per nome e che gravita nei contesti familiari.
Non è solo a Foligno o a Boston. In alcuni casi è molto più vicino. A volte perfino dentro casa.

LUIGI CHIATTI
Nato Antonio Rossi. Narni 27 febbraio 1968. Figlio di Marisa Rossi che, non potendo provvedere a lui, lo abbandona poco dopo la nascita. Affidato ad un orfanotrofio, all'età di sei anni viene adottato da Ermanno Chiatti e Giacoma Ponti di Foligno. Nel 1975 il nome gli viene cambiato in Luigi Chiatti.
Omicidi: 4 ottobre 1992 : Simone Allegretti ( 4 anni ) scompare nelle campagne tra Foligno e Bevagna . Il suo corpo viene ritrovato il 6 ottobre nel bosco di Scopoli distante dal luogo della scomparsa. Poco prima del ritrovamento del corpo, in una cabina telefonica nel centro di Foligno viene ritrovato un biglietto che rivendica l'omicidio e fornisce indicazioni per trovare il corpo. Nel biglietto si esprime la volontà di uccidere nuovamente. Simone Allegretti viene ucciso a colpi di arma da taglio (temperino).
7 agosto 1993: viene ritrovato il corpo di Lorenzo Paolucci (13 anni) viene ritrovato nel bosco di Scopoli poco distante dalla località Casale dove la famiglia di Luigi Chiatti ha una villa. Lorenzo Paolucci viene ucciso a colpi di arma da taglio ( forchettone da cucina ).
Condanne: 1994 I grado : condannato a due ergastoli; 1996 II grado: sentenza riformata, condannato a 30 anni e riconosciuto parzialmente infermo di mente; 1997 Cassazione: conferma la condanna in secondo grado

Incontrassimo per strada un ragazzo con lo stesso volto di Luigi Chiatti, probabilmente non lo ricorderemmo.
Un viso anonimo che potrebbe appartenere a qualsiasi giovane della sua età, sguardo basso, labbra mai sorridenti e mai tristi, spalle curve, camicia sotto un maglioncino girocollo, quasi a voler cristallizzare la sua immagine in un inverno eterno.
La grafia di Luigi Chiatti appare un po’ come il suo volto: chiara, tanto scolastica da sembrare infantile, con un calibro talmente piccolo da passare quasi inosservata.
Le dimensioni piccole della grafia sono riconducibili a un carattere fortemente introverso ma anche con una intelligenza portata all’osservazione settoriale del dettaglio. Le larghezze di lettere, tra lettere e tra parole prive di variazioni e inserite in un contesto grafico monotono e monocromatico parlano di tendenza all’ossessività in un contesto di incapacità a manifestare e anche, solo, a provare sentimenti. È come se, dal punto di vista emotivo, Luigi vivesse un inverno perenne, raggelato nel suo senso di inadeguatezza affettiva.
Questo costante malessere, questa continua frustrazione, lo rendono inquieto e chiuso in una aggressività a cui non riesce a dar parole ed elaborazione.
L’aggressività inespressa, la necessità di proteggere se stessi e il proprio Io, si traduce in gesti incontrollabili, istintivi e pulsionali, evidenti dai tratti della grafia più pastosi e “anneriti”.
Luigi è, di base, un soggetto insicuro nelle scelte che non ha acquisito, a contatto con l’elemento familiare, sufficiente fiducia in se stesso. Questo lo ha reso un adulto incapace di esprimere sicurezze personali, atteggiamenti agili e spontanei (segno grafologico “Infantile”).
Tutto diviene così regolato secondo la logica del piacere, secondo la necessità di rispondere ad impulsi primari, in una totale incapacità di percepire necessità emotive ed empatiche più complesse rispetto alla soddisfazione immediata dei propri bisogni.
Manca, sostanzialmente, in questa grafia, qualsiasi forma di controllo, di elaborazione, di pura espressione del sentimento e dello stato d’animo. La sfera emotiva resta interamente imprigionata all’interno e, non potendola in qualche modo far uscire, logora la persona da dentro, producendo rabbia, tensione e risentimento continui.
Da una parte la sua immaturità lo rende desideroso e bisognoso di affetto e di sostegno, dall’altra la sua ossessività, la sua rabbia interiore, gli rendono impossibile qualsiasi tipo di relazione sana, equilibrata e adeguata alle sue reali necessità.
L’assenza di identità personale (rilevabile dal rigo ondulatorio) lo porta ad essere molto impressionabile e a vivere in facili condizioni di turbamento, avvolto in una timidezza che lo rende incapace di esprimere, comprendere ed ovviamente ricevere tutto ciò che è “amore”: amore per se stesso, amore per la sua storia, amore per l’altro.
Manca, e lo si nota dalla grafia standardizzata e scolastica, l’evoluzione della persona, la crescita di quel bambino che diviene oggetto di rabbia, l’accettazione di un’infanzia priva di felicità che lo pietrifica e lo porta a voler eliminare, identificandolo negli altri, ogni forma di sofferenza e di malessere, che lo riportano costantemente al suo passato doloroso ed inaccettabile.

JOHN GEOGHAN
Nato a Boston nel 1935 da una famiglia cattolica irlandese. Il 13 febbraio 1962, dopo esser stato ordinato sacerdote, fu assegnato come vice alla parrocchia di Saugus, Massachusetts. Dal 1962 al 1989 viene continuamente trasferito da una parrocchia all’altra, sempre a seguito di segnalazioni di abusi su minori. E’ stato uno dei numerosi casi di preti accusati di abusi sessuali in uno scandalo che ha scosso l’arcidiocesi di Boston negli anni 1990 e 2000.
Reati: Nel corso di una carriera di 30 anni in sei parrocchie, Geoghan è stato accusato di abusi sessuali che coinvolgono più di 130 ragazzi.
Condanne: Laicizzato da Papa Giovanni Paolo II e condannato per abusi sessuali nel 2002, a dieci anni in un carcere di massima sicurezza. Meno di un anno dopo, a 64 anni, fu ucciso lì da Joseph Druce, un detenuto che stava scontando una condanna all’ergastolo.
Dalla grafia di Geoghan non sarebbe stato possibile stabilire che si è di fronte alla grafia di un pedofilo. Ma, di certo, in questo caso si può dire di essere di fronte a una grafia con evidenti indicatori di disturbo e di disarmonia.
Il modello di scrittura di Geoghan è alterato e disorganizzato così come lo spazio che si sviluppa in un movimento che sembra di supremazia.
Dallo scritto emerge la durezza, la rigidità, la mancanza di ritmo, la disarmonia.
Cosa stanno ad indicare questi indici? Una doppia difficoltà di movimento. Esterno, nell’ambiente che lo circonda, nelle relazioni. Ed interno, in un moto irregolare e fluttuante che non lo rende stabile nella comprensione di se stesso.
C’è confusione nella grafia. Una confusione visibile nell’intreccio delle righe. Una confusione che si riflette in tutte le dimensioni: da quella spaziale a quella temporale. Soprattutto ne viene lesa la dimensione temporale: è suggestivo vedere come nelle parole di Geoghan si alternino tratti maturi ed elaborati con tratti quasi adolescenziali, come fosse una scrittura senza età.
Mancano degli elementi fondamentali per la strutturazione di una personalità armonica: il tratto ondulatorio ci parla di una forte insicurezza e scarsa autostima. E la pendenza a destra fa capire come esterni questi sentimenti: con la fisicità, che può anche diventare violenta, e la necessità di dominare.
L’inclinazione a destra, infatti, è un moto fisico di piegarsi verso l’altro per riportarlo a sé, quasi fagocitandolo.
L’altro, in quest’ottica, diventa oggetto e nutrimento, non più desiderio, in quanto privato della dimensione temporale di attesa tipica del desiderio. E’ un qui ed ora. Un tutto e subito che va colmato nell’immediato.
Geoghan non desiderava un bambino in quanto tale ma un corpo senza tempo.
Perché il male è senza tempo.

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