Ai contratti a tutele crescenti non si applica la speciale procedura di conciliazione preventiva fissata dall'art. 7 della L. 604/1966 per i licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo ed introdotta dalla Legge Fornero. Questa eliminazione appare il segno dell'ennesimo fallimento delle procedure deflattive del contenzioso affidate agli uffici periferici del Ministero del Lavoro molti dei quali, in questo periodo di prima applicazione, si erano distinti per una eccessiva ingerenza nell'autonomia negoziale delle parti e, in particolare, nella determinazione dei contenuti dei verbali di conciliazione; cosa che aveva rappresentato l'ennesimo esempio di appesantimento burocratico non previsto dalla legge e aggiunto in sede amministrativa.
La disciplina della revoca del licenziamento non presenta novità rispetto alla disciplina di carattere generale come modificata dalla cd. legge Fornero.
Interessante, seppur farraginosa, è anche l’offerta di conciliazione disciplinata dall’art. 6. Essa, in sostanza, consentirà di conciliare le liti in materia di licenziamento escludendo da imposizione fiscale e previdenziale le somme da versare al lavoratore. È prevedibile che questa norma, anche perché impone tempi molto celeri al tentativo di conciliazione (l’offerta deve essere formulata entro 60 giorni dal licenziamento), risulti efficace e possa costituire un utile incentivo alle conciliazioni. È prevedibile anche che in questa causale finiscano pure somme derivanti da rivendicazioni di altro tipo (differenze retributive, straordinari, ecc.).
Un'altra novità molto importante è il dibattutissimo assoggettamento alla tutela meramente obbligatoria dei licenziamenti collettivi, in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta. Resta fuori solo l'ipotesi del licenziamento collettivo privo di forma scritta che sarà ovviamente sanzionato con la tutela reale piena, come ogni licenziamento orale. Prevedere, del resto, la reintegrazione per la violazione dei criteri di scelta significa innescare una sorta di guerra fra poveri, poiché, non essendo in discussione la giustificatezza di quel dato numero di esuberi, si tratterebbe solo di individuare i licenziandi; con la conseguenza, quindi, che la reintegrazione di alcuni comporterebbe inevitabilmente il licenziamento di altri. La tutela di tipo risarcitorio, in questi casi, appare più adatta in quanto viene incontro agli interessi dei lavoratori che hanno fatto causa senza danneggiare gli altri.
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