Agli inizi del millennio al motto di “vicini alla gente” o “tra la gente per la gente” prendeva forma nella Polizia di Stato un’operazione si di immagine per l’Istituzione e per l’allora Governo Berlusconi ma anche un nuovo approccio alla cosiddetta sicurezza percepita materializzando il concetto Polizia di prossimità con l’introduzione di una nuova figura, il poliziotto di quartiere.
Il poliziotto di quartiere era il volto amico della zona di riferimento, la persona giusta a cui chiedere consiglio, dare informazioni su soggetti, targhe e situazioni, la presenza rassicurante dello Stato.
Forse perché frutto di una promessa elettorale presto venne accantonato e relegato a servizio secondario, meno di un paio di lustri e del poliziotto di quartiere non se ne è vista più l’ombra, non perché inutile ma per la sempre più gravosa carenza degli organici; uno smantellamento silente che non ha tenuto conto delle esigenze del cittadino al quale il bobby italiano trasmetteva sicurezza.
Così che nel tempo sono arrivate le ronde prima ed il controllo del vicinato poi, surrogati nel quale il cittadino alloggia i suoi desideri di sicurezza e tranquillità.
Certo non sarebbe stato la panacea dei problemi della sicurezza ma se portato a regime (perché, in fondo, il progetto non arrivò mai a compimento definitivo in quanto su un organico previsto di 6000 uomini tra Polizia e Carabinieri si è arrivati a poco più della metà), avrebbe contribuito alla serenità dell’anziana signora durante la spesa al mercato rionale, piuttosto che alla mamma durante la passeggiata con i bambini ai giardini pubblici o al negoziante che chiude la saracinesca alla sera nelle vie ormai deserte.
In un contesto di degrado urbano e sociale quale quello attuale andrebbe rilanciato e recuperato il valore della prossimità, come si diceva vicini alla gente, lo Stato in mezzo alla gente, quello Stato e quella presenza rassicurante, un contatto immediato e diretto con i rappresentanti della legalità, soprattutto in questo momento storico caratterizzato, da una parte, dall’aumento della microcriminalità e dall’assenza di adeguate misure di protezione sociale e, dall’altra, da un gap giuridico dove il legislatore ancora non si fa carico del concetto di certezza della pena e del contestuale ammodernamento del sistema penitenziario.
Dalla prossimità invece si è passati all’incremento dei reparti per così dire di “lontananza”. Il recente raddoppio degli organici dei Reparti Prevenzione Crimine è paradossalmente l’evidente segno della crisi degli organici della cosiddetta territoriale alla quale i Questori devono far rimedio richiedendo di volta in volta l’impiego dei RPC, i cui colleghi, sempre con la valigia pronta, muovono ora verso una provincia ora verso un’altra. Un concetto in antitesi con la prossimità, rappresentazione di una gestione emergenziale dell’ordinaria, seppur crescente, richiesta di sicurezza.
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