E’ passato più di un mese dall’entrata in vigore della legge 23.03.2016 nr. 41, che ha introdotto i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali.
Chiunque si sia trovato a gestire i rilievi di un sinistro stradale con esiti mortali conosce bene la gravità sociale di tale tipologia di reato, l’impatto devastante che ha sulla vita delle persone, il dolore che provoca, le vite ingiustamente ed improvvisamente interrotte, figli senza più genitori, mamme e papà che hanno dovuto dire prematuramente addio ai loro figli.
I dati parlano di circa 180.000 incidenti all’anno, con un numero di persone ferite che si aggira sui 250.000 e circa 3.500 decessi: numeri impressionanti, terribili, che da tempo reclamavano un doveroso inasprimento sanzionatorio anche in relazione al fatto che nel 2015 morti e feriti sono tornati ad aumentare.
Prima del 25 marzo 2016 coloro che avevano provocato tanta sofferenza riuscivano sovente a sfuggire alle proprie responsabilità: al massimo 2-3 anni di carcere o, il più delle volte, nessun giorno di reclusione.
Sono sorte diverse associazioni di Vittime della Strada i cui componenti, nel narrare le proprie dolorosissime esperienze, hanno sempre e costantemente reclamato il giusto riconoscimento ai propri cari della dignità che proviene solamente dall’applicazione della Giustizia.
Fra di esse ‘Rose bianche sull’asfalto’, l’associazione nata a Corinaldo, un paese in provincia di Ancona, dedicata a “Saccio”, Francesco Saccinto, un ragazzo di 14 anni, vittima il 10 settembre 2013 di un conducente adulto, ubriaco e drogato, che guidava con patente sospesa da anni e che l’ha investito uccidendolo sul colpo.
Gli amici, i compagni di scuola ed i genitori di “Saccio” hanno voluto fondare ‘Rose Bianche sull’asfalto’ non solo per onorare la memoria di Francesco, ma anche per raccontare quanto drammaticamente accaduto affinché nessuno debba soffrire più per tali motivazioni.
Fra le tante attività di educazione alla legalità ed alla sicurezza stradale di ‘Rose Bianche’, da segnalare i numerosissimi incontri nelle scuole e la realizzazione di un docufilm intitolato ‘Ogni giorno’, presentato in anteprima nazionale il 5 novembre 2015, nel quale il regista Luca Pagliari ha saputo raccontare con tatto ed autentica partecipazione il dramma di un incidente stradale mortale.
Osservata dal punto di vista delle vittime e dei loro parenti la legge 41 è una norma giusta, che coglie l’esigenza di Giustizia, quella con la “G” maiuscola, e che riconcilia le persone offese con lo Stato.
Analizzando, però, il testo da un punto di vista tecnico-giuridico si possono scorgere alcuni aspetti da perfezionare, quasi abbisognasse di una sorta di “manutenzione”.
Certamente la revoca della patente per 5 anni per coloro che, totalmente sobri, provocano lesioni superiore ai 40 giorni (cosiddette ‘gravi’), come se avessero ucciso una persona o come se, in stato di ebbrezza, avessero provocato lesioni ‘gravissime’: sembrerebbe opportuno consentire al giudice di graduare meglio la sanzione accessoria alle singole fattispecie.
Il legislatore ha scelto di individuare alcune ipotesi di norme comportamentali particolarmente gravi da rendere ‘aggravato’ l’omicidio stradale (superamento del limite di velocità, passaggio col rosso, circolazione contromano, inversione di marcia in prossimità o corrispondenza di intersezioni-curve-dossi, sorpassi ai passaggi pedonali e con linea bianca continua).
Ci si chiede come mai non sono stati ricompresi anche l’uso del cellulare, la mancata precedenza ed alcune irregolarità particolarmente gravi operate dai conducenti professionali (alterazione del tachigrafo analogico o digitale, mancato rispetto della tempistica di guida e di riposo).
Si palesa necessario, poi, portare in Europa la necessità di prevedere una disciplina unica UE con particolare riferimento alla revoca della patente anche per i conducenti muniti di patente straniera (e, ovviamente, per gli italiani che guidano all’estero).
Anche gli accertamenti medici coattivi, opportunamente introdotti, sembrano necessitare di un migliore coordinamento con le precedenti ed immutate ipotesi penali del rifiuto di cui al 7° comma dell’art. 186 ed all’8° comma dell’art. 187 del Codice della Strada.
Resta totalmente presente, infine, la questione del riscontro dello stato di alterazione da sostanze stupefacenti e/o alcol e della sua attualità al momento del sinistro stradale: il legislatore dovrebbe finalmente inibire la guida di veicoli anche con la semplice presenza nelle urine o nel sangue di tali sostanze a prescindere dalla tempistica della loro assunzione.
Legge perfettibile, dunque, come tutte le norme d'altronde, ma sembra centrale un altro aspetto non sempre attenzionato dal dibattito giuridico e cioè che la posta in palio è costituita da tantissime vite umane e non solo da questioni di presunte eccezioni di Costituzionalità ed allora a tutti è richiesto un cambio di mentalità, una attenzione maggiore ai rischi della strada, al fatto che a chiunque può capitare di trovarsi coinvolto in un incidente stradale come vittima ma anche come responsabile e che per ridurre al minimo tali rischi non c’è altra strada che quella della prudenza, dell’attenzione, del rispetto degli altri e di tutte le norme del Codice della Strada.
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