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Marzo - Aprile/2016 - Articoli e Inchieste
Attualità - Immigrazione
Il business illegale del traffico di organi
di Donatella D'Acapito

Un affare difficilmente tracciabile
su cui indagano fonti di intelligence internazionale


Vite di scarto. C’è chi le ha definite così. Sono migranti, profughi che scappano dalla guerra. E poi i poveri, quelli di Paesi che storicamente soffrono condizioni di miseria e quelli creati dalla crisi economica che ha investito anche il Primo mondo.
Vite di scarto. Persone che rischiano di finire imbrigliate nelle maglie della tratta di esseri umani per essere in seguito smistati in base alle loro caratteristiche: buoni per l’accattonaggio, per il lavoro nero, per la prostituzione. Disperati che accettano di viaggiare senza conoscere la reale destinazione, senza conoscere il loro destino. Di certo, sanno solo che stanno lasciando la loro terra d’origine. L’Europol, a fine gennaio, ha parlato di almeno 10mila migranti minorenni non accompagnati che risultano scomparsi dopo il loro arrivo in Europa. Di questi, circa 5mila hanno fatto perdere le loro tracce in Italia, mentre altri mille risultano non rintracciabili in Svezia. Si può ipotizzare che alcuni di loro si siano ricongiunti con le famiglie.
Ma quelli che mancano?
Questo è l’interrogativo inquietante. Perché i bambini, come le donne, vanno bene anche per un’altra cosa: vanno bene come riserve di organi. Un affare illegale, e più di tanti altri difficilmente tracciabile, che torna con forza a destare allarme dopo che fonti di intelligence lo hanno inserito tra le attività che verrebbero svolte su vasta scala dall’Isis per raccogliere fondi necessari a sostenere la jihad. Secondo queste fonti, la stessa macelleria, le esecuzioni continue – quando non vengono praticate in pubblico o in modo estemporaneo – sarebbero finalizzate a questo.
“La vita dell’apostata e gli organi non devono essere rispettati. La rimozione di organi di prigionieri non è proibita anche se comporta la morte”. Così recita la fatwa numero 68 del califfato nero contenuta in un documento del gennaio del 2015, successivamente recuperata e tradotta dal Pentagono. Non una prova, è vero, ma una indicazione precisa - considerato il valore che una fatwa ha - riguardo alla possibilità che questa attività possa essere praticata dagli uomini di al Baghdadi.
E il commercio illegale degli organi incontrerebbe, proprio come accade per il petrolio e i reperti archeologici, interessi e scambi con organizzazioni internazionali, anche mafiose, da sempre attive in questo settore. Resta il fatto che fino ad ora le informazioni di fonte confidenziale o di seconda e terza mano non hanno consentito la redazione di report precisi - almeno per quel che se ne sa - e documentati, come invece è accaduto per il contrabbando di carburanti e opere d’arte.
Ma il tema delle indagini e delle fonti sui traffici di organi è come un sentiero scivoloso. E non solo quando se ne parla in relazione agli affari sporchi del sedicente Stato islamico. ... [continua]

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