Oltre 320 vittime di tumori tra i militari in servizio
nei Balcani, Iraq e Afghanistan. La battaglia legale
tra familiari delle vittime e la Difesa su causa ed effetto
U238. All’apparenza sembra la sigla di un sommergibile tedesco della Seconda Guerra Mondiale, ma non è così. Eppure “è” un indizio di guerra e morte. E’ l’Uranio impoverito. E Uranio impoverito fa rima con Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano, è il nemico invisibile che continua a mietere vittime fra i nostri militari impegnati nelle missioni Nato: sono già oltre 320, più di 3.600 quelli ammalati di tumore.
Ma cos’è l’Uranio impoverito? Deriva da materiale di scarto delle centrali nucleari, è una sostanza tossica e 60 volte più radioattiva del materiale che si trova in natura. Già la premessa, da sola, basterebbe a certificarne la pericolosità assoluta, sulla quale governi e strutture preposte alla tutela della salute dei cittadini non hanno fornito notizie adeguate. Le sue emissioni, infatti, sono provocate da particelle “alfa”, che non vengono rilevate dai contatori Geyger e possono essere respirate causando danni di tipo cancerogeno. E pensare che la quantità di Uranio impoverito stoccata oggi in tutto il mondo è superiore a 6 milioni di tonnellate, più o meno un kg per ciascun individuo.
E’ chiaro che i teatri di guerra rappresentano il pericolo maggiore. Perché, particolare non trascurabile, l’Uranio impoverito viene fornito gratuitamente ai fabbricanti di armi, una manna al contrario insomma. Così viene utilizzato per produrre proiettili anticarro, in grado di perforare anche pareti d’acciaio spesse 6 metri. Tanto per fare un esempio, nel 1991, durante la Guerra del Golfo, aerei e carri armati americani e inglesi hanno sparato l’equivalente di 340 tonnellate di Uranio impoverito, ossia una quantità 100 volte maggiore di quella rilasciata nel 1986 a Chernobyl, dove la vita media si è abbassata da 67 a 42 anni.
E nel 2001 in Italia scoppia la sindrome dei Balcani. Termine che comprende tutte quelle malattie – in larga parte linfomi di Hodgkin e altre forme tumorali - che hanno colpito i soldati italiani tornati dalle missioni internazionali, anche se in realtà il primo caso si verifica nel 1999: un militare cagliaritano, Salvatore Vacca, muore di leucemia al rientro dalla Bosnia-Erzegovina. Peraltro, va considerato che gli effetti dell’uranio possono addirittura manifestarsi a 15 anni di distanza.
A provocare questa lunga scia di tragedia sarebbero stati i bombardamenti Nato – con proiettili all’Uranio impoverito – nel 1995 e nel 1999 su Bosnia-Erzegovina. Kosovo e Serbia. Nel dettaglio, il contingente italiano controllava una zona del Kosovo tra le più bombardate: 50 i siti presi di mira dall’aviazione alleata, una pioggia di proiettili sparati, 17.237.
E qui comincia un’altra storia, o meglio la vera storia, basata su un interrogativo tanto drammatico quanto decisivo: esiste una correlazione precisa tra l’esposizione all’Uranio impoverito e le malattie che hanno condotto alla morte i nostri soldati? I casi aumentano, le cause arrivano a pioggia, le parti affilano le armi e le polemiche sono feroci. L’avvocato Angelo Fiore Tartaglia diventa il paladino dei familiari dei soldati che sfidano in Tribunale l’Amministrazione militare: finora non ha perso un colpo.
Uno stop importante arriva il 18 marzo 2013: la Corte dei Conti della Regione Lazio accoglie il ricorso di un soldato affetto da tumore, che aveva prestato servizio in Kosovo, al quale il ministero della Difesa aveva respinto la richiesta di pensione privilegiata. E’ la prima sentenza che stabilisce una correlazione tra la patologia e le condizioni ambientali, in questo caso i pasti consumati nelle mense.
In una manifestazione a Montecitorio, il 5 giugno dello stesso anno, organizzata da militari, famiglie ed associazioni, il comunicato stampa diffuso recita che “Tar, Tribunali civili, Corte dei Conti di varie zone d’Italia indicano l’Uranio come colpevole delle malattie dei militari e condannano l’Amministrazione perché sapeva e aveva taciuto i pericoli”. Peraltro, il Tar del Lazio ha fornito un contributo notevole, invertendo l’onere della prova nel verdetto a favore del caporal maggiore Giuseppe, colpito da un linfoma di Hodgkin di rientro dal Kosovo: ha cioè deciso che deve essere la Difesa a dimostrare che i tumori non sono stati causati dall’Uranio impoverito e non le vittime a provare il contrario. ... [continua]
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