Occorre sottolineare che l'uso della congiunzione ”e”, nel primo comma dell'art. 47, evidenzia che tali requisiti devono ricorrete tutti per determinare l'effetto dell'integrale applicazione di quello che fin'ora definivamo come lo “statuto del lavoro subordinato”. Orbene, deve trattarsi innanzitutto di una prestazione di lavoro autonomo avente le caratteristiche già disegnate dall'art. 409, n. 3, cp.c.:
- carattere prevalentementepersonale;
- continuità;
- coordinamento con l'organizzazione produttiva del committente (requisito quest'ultimo che, come noto, la dottrina e la giurisprudenza individuano nel fatto che con il contratto di lavoro il prestatore si sia obbligato a rendere la sua prestazione non “a regola d'arte” bensì in modo che la stessa possa essere utilmente inserita nell'organizzazione produttiva del committente).
Nell'ambito di tale fattispecie generale di lavoro parasubordinato, la riforma individua un ambito più ristretto, definito dalla ricorrenza di tutte queste ulteriori caratteristiche:
- carattere esclusivamente personale della prestazione lavorativa (requisito più restrittivo di quello richiesto dall'art. 409, n. 3 che, infatti, si limita a richiederne la mera prevalenza);
- continuità della prestazione (requisito questo che viene confermato e che va quindi individuato secondo gli orientamenti giurisprudenziali già consolidatisi rispetto all'art. 409, n. 3);
- contenuto ripetitivo della prestazione;
- modalità etero diretta di esecuzione della prestazione (cioè organizzata dal committente) con specifico riferimento alla determinazione dei tempie del luogo di lavoro.
Ciò che conta sin d'ora sottolineare è che, con questo decreto, il confine della fattispecie a tutela piena si amplia notevolmente e che la scriminante non è data più dalla “subordinazione” bensì dalla ricorrenza dei requisiti fissati dall'art. 47.
All'interno di tale confine, infatti, si applicheranno tutte le norme di legge e di contrattazione collettiva in materia di trattamenti minimi retributivi e normativi, di obblighi contributivi ecc.. Gli obblighi in materia di sicurezza del lavoro erano già stati ampliati oltre i confini del lavoro subordinato dal D. lgs. 81/2008 e in occasione dell'entrata in vigore di tale normativa fummo facili profeti nel prevedere che quello era solo il primo passo di una complessiva ridefinizione del campo di applicazione di tutto il diritto del lavoro.
Ciò che a quest'ultimo riguardo occorre sottolineare, però, è che l'ambito di applicazione fissato con il D. lgs. 81/2008 non coincide con quello creato da questa riforma: quella del 2008, infatti, attribuisce esclusiva rilevanza all'elemento dell'inserimento del prestatore nell'organizzazione produttiva altrui; l'art. 47 del nuovo decreto abbraccia, invece, una definizione, come abbiamo visto, più articolata. Ma l'apparente discrasia può ben derivare dalle particolari e specifiche finalità perseguite dalla normativa sulla sicurezza.
Al di fuori del confine tracciato dal decreto in esame, e cioè per i contratti di lavoro autonomo dotati dei requisiti di parasubordinazione ex art. 409, n. 3, c.p.c. ma privi di quelli sanciti dall'art. 47, la libertà delle parti di regolare il rapporto si amplia notevolmente proprio in ragione della già menzionata abrogazione degli artt. da 61 a 69-bis del D. Lgs. 276/2003, norme, queste ultime, che, come già rilevato, continueranno ad applicarsi solo ai vecchi contratti, stipulati prima dell'entrata in vigore del nuovo decreto. Ciò determina una sostanziale liberalizzazione di tali co. co. co. che resteranno assoggettati alla libera regolamentazione voluta dalle parti, senza alcuna limitazione legale. Dovrebbe, invece, essere rimasta senz'altro in vigore, anche per questi co.co.co. liberalizzati la disciplina previdenziale, le cui normative di riferimento non vengono toccate dal decreto in esame.
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