Cosa è cambiato negli ultimi dieci anni nel mondo
dell’ambientalismo, quali sono i reali rischi
dell’aumento della temperatura e delle pillole di speranza
Durante una cena con amici, un ricercatore universitario di Filosofia politica mi guarda e con fare scherzoso di chi è consapevole di dire il vero mi fa: ≪Lorenzo, ma ti rendi conto che gli unici temi che contano e che conteranno nella politica italiana ed europea nel futuro sono quelli proposti dai ‘No Global’ agli inizi degli anni Duemila?≫
A momenti mi strozzo, faccio finta di capire; faccio mente locale e con fare un po’ ingenuo gli chiedo: ≪A che ti riferisci esattamente, sono passati 14 anni dai fatti di Genova e non vedo nell’opinione pubblica e negli osservatori nostrani un'attenzione particolare ai temi di quei movimenti.
Non smette di sorridere e dice: ≪Sicuro? Pensaci bene, oggi tutte le teorie degli ambientalisti sono passati a tutti gli strati della società e il concetto di “locale” è nelle agende politiche dei partiti e movimenti di destra, sinistra e populisti.
Queste parole hanno acceso mille domande nella mia testa, mi sono chiesto a che punto fossero gli ambientalisti, sono soddisfatti di quello che è successo in 15 anni? Che cosa è effettivamente migliorato?
Jonathan Franzen, in un articolo apparso su The New Yorker, ci mostra un punto di vista provocatorio. ≪Ero terribilmente combattuto riguardo al cambiamento climatico. Pur accettandone il primato come problema ambientale della nostra epoca, mi sentivo oppresso dal suo prevalere su tutto. Cos’erano le aquile e i condor uccisi dalle turbine eoliche in confronto all’effetto dell’innalzamento dei mari nei Paesi poveri?≫
E il punto è proprio tutto qui. Ormai anche negli ambienti legati alla protezione dell’ambiente la speranza è ormai finita, si è ormai tutti consapevoli che in futuro dovremmo fare delle scelte, non possiamo più salvare tutte le specie a rischio o gli habitat. Inoltre dovremmo smettere anche di dare sempre la colpa al “cambiamento climatico”. Questa formula, ormai sembra un mantra, deresponsabilizza tutti. Ad esempio, ≪dichiarare che il cambiamento climatico nuoce agli uccelli - continua Franzen - non crea nessun cambiamento. Chiedere che vengano messe al bando le munizioni contenenti piombo (l’avvelenamento da piombo è la principale causa di morte per il condor della California) susciterebbe l’ostilità dei cacciatori. Insomma dobbiamo cominciare a renderci conto che siamo noi e le nostre scelte a essere “cambiamento climatico”, e solo rinunciando a qualcosa potremmo sopravvivere.
Nel libro del filosofo Dale Jamieson, ‘Reason in a dark time’, si affronta il tema del fallimento dei summit sull’ambiente. Da terra di Rio del 92, le emissioni di anidride carbonica non solo non sono diminuite, ma sono notevolmente aumentate. A Copenaghen, la sincerità di Obama ha fatto fallire il summit e i risultati di Parigi non sono né certi né vicini.
... [continua]
LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO:
ABBONATI A POLIZIA E DEMOCRAZIA
per informazioni chiama il numero verde 800 483 328
oppure il numero 06 66158189
|