Il sistema della stima del rischio è stato messo a punto
circa 500mila anni fa in ominidi che vivevano in piccoli gruppi
familiari negli altipiani dell’Est Africa e con questa dotazione
mentale, non ulteriormente modificata né migliorata
dal percorso evolutivo della specie umana, oggi affrontiamo
le complesse e mutevoli incognite delle città metropolitane
Quando gli addetti ai lavori parlano di sicurezza di solito usano riferirsi a due tipi di concetti: la sicurezza reale e la sicurezza percepita. Gli esperti si riferiscono alla sicurezza reale quando valutano i tassi epidemiologici dei reati commessi, degli incidenti, delle malattie, vale a dire dei dati che vengono ad esempio utilizzati per stabilire i premi assicurativi sui rischi o le mappe del crimine, mentre si riferiscono alla sicurezza percepita quando prendono in considerazione la sensazione soggettiva delle persone e la loro reazione psicologica di fronte ai rischi ed alle minacce delle attività o dell’ambiente in cui vivono ed alle misure di protezione che vedono essere allestite, come avviene ad esempio con i posti di blocco, il controllo del territorio con le pattuglie con i lampeggianti accesi oppure con le articolate e ridondanti procedure di imbarco negli aeroporti (spesso concepite maggiormente per infondere un senso soggettivo di sicurezza nei passeggeri che per effettuare un reale controllo dei rischi).
Si interviene sulla sicurezza reale quando si installano le telecamere di videosorveglianza, mentre si interviene sulla sicurezza percepita, con il solo scopo di evidenziare la presenza dello Stato, quando si dispongono gruppi di militari armati nelle piazze e davanti alle chiese, come sta avvenendo a Roma.
Per quanto spesso i dati statistici riportino la reale diminuzione dei tassi di alcuni reati, nei cittadini sono sufficienti pochi ma eclatanti casi di cronaca per generare paura, sconforto, senso di impotenza e di abbandono da parte delle Istituzioni.
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