Jweb è il nome dell’indagine, durata cinque anni,
nella quale investigatori ed inquirenti
di diversi Paesi hanno condiviso dati e strategie
per comprendere l’attività terroristica
dell’organizzazione transnazionale
che, pur avendo basi soprattutto in Europa,
guardava al teatro siro-iracheno
supportando l’Isis di al Baghdadi
33 minuti per cambiare prospettiva. 33 minuti e sei attacchi nel cuore dell’Europa, a Parigi, che fanno passare in secondo piano - almeno mediaticamente - i risultati raggiunti dalle Forze dell’ordine contro il terrorismo. E succede anche quando quei risultati, frutto di 5 anni di indagini, portano il giorno prima all’arresto di 17 presunti terroristi.
Sapevamo già da tempo di convivere con un pericolo incombente, ma, quando i morti sono i tuoi, quando succede nelle strade, in un teatro o in un bar, è impossibile non interrogarsi su quanto i sistemi di difesa e di sicurezza che abbiamo siano veramente efficaci, mirati, risolutivi.
Così, se da una parte l’Occidente non si vuole arrendere alle forze del Califfato nero - e lo fa anzitutto con un atto di volontà, scegliendo di non rinunciare ai propri spazi, al proprio modo di vivere - dall’altra il 13 novembre saggia cosa vuol dire parlare di un fronte lungo, quello su cui si sta combattendo questo conflitto. Un fronte liquido, diffuso.
E hanno colpito accanto allo Stade de France, mentre si stava giocando l’amichevole di calcio fra Francia – Germania; hanno sparato nel teatro Bataclan, durante un concerto rock. E ancora colpi nei locali come il Carillon, il Petit Cambodge. Nel venerdì nero di Parigi, gli attentatori del sedicente Stato Islamico hanno lasciato a terra centoventinove vittime - bilancio provvisorio - e oltre 300 feriti, alcuni gravissimi. Sette terroristi sono morti: sei sono riusciti ad azionare la loro cintura esplosiva e a farsi saltare come sognano i martiri della jihad, gridando "Allah è grande". Uno - all'interno del Bataclan - non ha fatto in tempo a farsi esplodere ed è stato eliminato dalle teste di cuoio.
Il presidente Hollande parla subito al suo popolo ma appare scosso, frastornato. Il lunedì successivo, rivolgendosi all’Assemblea nazionale e al Senato dirà “La Francia è in guerra”. All’Europa Hollande ha chiesto solidarietà militare: alle Camere riunite ha detto di avere “chiesto al Ministro della Difesa di mobilitare i suoi omologhi europei in virtù dell’articolo 42.7 del Trattato dell’Ue, che prevede, quando uno Stato è aggredito, che tutti gli Stati membri intervengano dando il loro sostegno per far fronte all’aggressione”. ... [continua]
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FOTO: Il Mullah Krekar
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