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Novembre-Dicembre/2015 - Editoriale
redazione@poliziaedemocrazia.it
A chi nuoce il Corpo Forestale dello Stato?
di Michele Turazza

“Il Paese vive momenti assai delicati e difficili, registrando una crisi globale (economica, sociale, morale, culturale) che finisce con il lasciare ampi spazi a chi vuole vanificare le conquiste raggiunte attraverso faticose battaglie civili”. Era il maggio del 1985 e così Franco Fedeli iniziava l’editoriale di “Nuova Polizia”. Più di trent’anni sono passati, ma le sue parole rimangono di drammatica attualità. La crisi attanaglia il nostro Paese, e il mondo intero, anche oggi. E favorisce, come allora, i tentativi di coloro che, relegando in un passato ormai remoto le conquiste di civiltà, propongono discutibili riforme in nome di una ipotetica maggiore efficienza e razionalizzazione delle strutture dello Stato.
I nostri lettori sanno che “Polizia e Democrazia”, e ancora prima “Ordine Pubblico” e “Nuova Polizia”, sono da sempre state considerate con una certa diffidenza dal potere. Un potere immobile, cristallizzato su posizioni reazionarie, sospettoso verso ogni presa di coscienza dei propri diritti da parte dei lavoratori-poliziotti. Una Polizia docile, ammansita, militarizzata, dove le idee non circolano e gli operatori sono ridotti a semplici esecutori, è funzionale a certi disegni. Da questa consapevolezza è nata la storica battaglia di riforma della Pubblica sicurezza, che ha visto uniti centinaia, migliaia di poliziotti di tutta Italia, giornalisti, magistrati, uomini di cultura e docenti universitari. Una battaglia di civiltà. Poliziotti non più pedine, ma lavoratori, con doveri e diritti. Una battaglia faticosa, ma vincente, che ha condotto all’approvazione della legge 121/81. Tre i pilastri: smilitarizzazione, democratizzazione, sindacalizzazione. L’ordine pubblico è affare civile, e da civili dev’essere gestito. E non si tratta soltanto di sostituire le stellette con gli alamari riportanti le iniziali della Repubblica Italiana sulle divise degli agenti. E’ una battaglia più profonda, culturale.
La 121/81, traguardo e punto di partenza. In questi tre decenni, ai principi codificati in questa legge, oltre che alla Costituzione repubblicana, avrebbe dovuto essere ispirato ogni progetto teso alla riorganizzazione delle Forze di polizia del nostro Paese. Più moderne, più efficienti. Smilitarizzate. Ma nell’agosto di quest’anno, l’ennesima riforma della Pubblica amministrazione – ci riferiamo alla legge 124/2015, che porta il nome del ministro proponente, Madia – pare far tornare indietro le lancette dell’orologio. Si tratta di legge delega, cui sarà data attuazione da decreti legislativi soltanto nei prossimi mesi. Pur essendo quindi la partita ancora aperta, nulla di buono si prospetta.
E’ l’articolo 8 a far riflettere. Tra i principi di riforma, si parla di riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato ed eventuale suo assorbimento in altra Forza di polizia. Il governo ha individuato quest’“altra Forza di polizia”, cui far confluire gli agenti forestali, nell’Arma dei Carabinieri; ciò comporterebbe la militarizzazione di un Corpo di Polizia, attualmente ad ordinamento civile. Ancora una volta, non un semplice cambio di divisa, con ritorno alle stellette. Ma un vero e proprio stravolgimento di status. Quello militare impone una serie di limitazioni a diritti costituzionalmente garantiti, legittime in quanto l’accesso a tale status avviene di norma su base volontaria. L’arruolamento obbligatorio è l’eccezione. Migliaia di agenti forestali perderebbero il loro status civile per essere coattivamente immessi nei ranghi militari. Forse li si vorrebbe più inclini “ad obbedir tacendo”?
Riteniamo che non sempre la cieca obbedienza e l’acritica subordinazione siano una virtù. Ma anche se il passaggio nell’Arma avvenisse su base volontaria, il problema della soppressione di un Corpo con specifiche attribuzioni e funzioni rimarrebbe. Soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo, nel quale decisive sono le competenze specialistiche in materia ambientale, per perseguire efficacemente i crimini ambientali, a tutti i livelli. Crimini che devastano il nostro territorio. Che inquinano irrimediabilmente acqua, terra e aria. Che lucrano con la contraffazione alimentare.
Proprio nel momento in cui si sente il bisogno di maggior tutela, di maggior vigilanza contro le ecomafie, i reati ambientali, agroalimentari ed edilizi; proprio nel momento in cui inchieste e risultati investigativi dei Forestali avevano raggiunto punte qualitative elevatissime, registrando il convinto apprezzamento delle magistrature competenti e della Procura nazionale Antimafia, si propone quella che, nei fatti, è la soppressione del Corpo Forestale e la confluenza del suo personale nei ruoli (militari) di una Forza armata generalista, tra l’altro senza alcuna seria consultazione delle sigle sindacali interessate e in controtendenza rispetto alle direttive dell’Unione Europea che vede con favore i processi di democratizzazione, smilitarizzazione e specializzazione delle Forze di polizia.
Ma non basta. Oltre alla “riorganizzazione” dei Forestali è prevista la scomparsa dell’altra Forza di polizia, a carattere locale, impegnata istituzionalmente nella difesa dell’ambiente, ossia i Corpi di Polizia provinciale, i cui componenti dovrebbero confluire, non si sa come né quando, nelle Polizie municipali.
La prospettata riforma ha ricompattato, con qualche marginale eccezione, tutte le sigle sindacali (compreso il sindacato dei dirigenti e direttivi Forestali), in una battaglia unitaria, tutt’altro che corporativa, per la rivendicazione della specificità dell’azione di polizia ambientale e della storia del Corpo, che non possono essere cancellate con un tratto di matita rossa dal governo né dal Parlamento.
La difesa dell’ambiente ha bisogno di personale motivato, di formazione continua, di strumenti e investimenti. Ha bisogno dell’azione congiunta di una Forza di polizia nazionale e di una locale, con la magistratura. Ha bisogno di presidi collocati sul territorio in modo razionale, in particolare nelle aree rurali e montane.
Francamente, di queste riforme pasticciate e affrettate – che non prevedono alcun coordinamento interforze né lo snellimento delle burocrazie di vertice – non comprendiamo il senso, né la necessità.
“Civili per natura” gridano compatti i forestali. Polizia e Democrazia è al loro fianco.

Poco prima di andare in stampa, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo, attuativo della legge Madia, che sopprime il Corpo Forestale dello Stato. Due secoli di alta specializzazione cancellati da un provvedimento, di cui daremo conto nei prossimi numeri, che prevede il trasferimento dei Forestali nei ranghi militari dell’Arma dei Carabinieri. Fino ad ora la militarizzazione era stata voluta e disposta soltanto da un altro governo, quello guidato da Benito Mussolini, nel 1926.
Mai come ora è necessaria unità. Unità di intenti. Unità sindacale. Unità di tutti coloro che hanno a cuore la tutela dell’ambiente.
Polizia e Democrazia è vicina a tutti i Forestali, il cui Dna – ne siamo certi – è e resterà civile, e assicura il proprio appoggio ad ogni iniziativa utile a contrastare la soppressione del Corpo.

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