Investigatori e i magistrati si chiedono se, insieme al controllo
della situazione dell’ordine pubblico, nonostante sforzi e sacrifici,
non sfugga anche la reale natura degli scontri in corso a Napoli
“La barbarie, gli omicidi efferati, non vengono solo da altre religioni. Chi ha ammazzato davanti alla nostra chiesa era battezzato. Anche quello che abbiamo visto sabato in piazza è barbaro, ma alla fine non saranno le barbarie a vincere soprattutto se resteremo uniti”. Le parole di padre Antonio Loffredo, pronunciate durante la messa di mezzogiorno nella basilica di Santa Maria, in Piazza della Sanità, arrivano dopo neanche 24 ore dall’ennesimo omicidio di camorra.
Stavolta a cadere sotto i colpi dei killer è il boss Pietro Esposito, raggiunto dai proiettili alla testa e al torace. Muore nella stessa piazza dove a settembre, proprio davanti alla chiesa di San Vincenzo, è stato ucciso Gennaro Cesarano. Gennaro ha solo diciassette anni e viene colpito dai sicari poco prima delle 5 del mattino. “Il rione Sanità sta diventando come Baghdad. È ora che tutti ne prendano coscienza” sbotta esasperata Giuliana Di Sarno, presidente della III municipalità partenopea.
Ad uccidere Gennaro, per tutti Genny, è un solo colpo, ma sul luogo dell’agguato la Scientifica trova numerosi bossoli di diverso calibro. Diciotto, per essere precisi. E le pallottole hanno anche crivellato un'auto lì vicino. Scatta un moto di indignazione popolare, che trasforma il funerale in una manifestazione di dolore collettivo talmente forte da stendere un velo capace di coprire anche molti interrogativi degli investigatori su quella morte. Quella di Esposito, invece, è stata una esecuzione esemplare, avvenuta a pochi mesi dall’uccisione del figlio ventunenne Ciro. Il boss - a capo dell’omonimo clan del rione Sanità, cosca che, assieme ai Sequino, si oppone al cartello Brunetti – Sibillo – Giuliano di Forcella, passati alle cronache per la cosiddetta paranza dei bambini - passeggiava disarmato e senza scorta, evidentemente ignaro di essere obiettivo di un commando rivale. Accanto a padre Loffredo, sull’altare, c’è padre Alex Zanotelli, il comboniano che da tempo ha scelto di vivere a Napoli: “So che era un camorrista - dice - ma non posso chiedere l’inferno per un uomo morto. Chi siamo noi per giudicare? La misericordia di Dio è più grande della nostra, come il suo giudizio”. Parole di pace, nonostante tutto. Anche per un boss... [continua]
LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO:
ABBONATI A POLIZIA E DEMOCRAZIA
per informazioni chiama il numero verde 800 483 328
oppure il numero 06 66158189
|