Quello istruito a Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira non è solo un processo. E’ il primo step di un iter giudiziario che per i tre protagonisti avrà altri risvolti. Il massacro del Circeo viene ricostruito grazie all’ottimo lavoro investigativo dei Carabinieri, ma risulta decisiva, ovviamente, la testimonianza di Donatella Colasanti, che si costituisce parte civile. L’eco di quanto accaduto a Villa Moresca è cosi vasta che le femministe fanno sentire la propria voce in piazza e si costituiscono a loro volta parte civile, presentandosi anche in aula.
Il procedimento si svolge nell’estate del 1976 davanti alla Corte d’Assise di Latina, che il 29 luglio emette la sentenza di primo grado: ergastolo per i tre ragazzi della Roma bene, in contumacia per Ghira, latitante. Dai giudici non viene riconosciuta alcuna attenuante: inutile il tentativo dei legali dei giovani di dimostrare una parziale o totale incapacità di intendere e volere.
Il 28 ottobre 1980 l’ergastolo viene confermato in Appello per Izzo e Ghira, mentre la pena viene commutata in 30 anni di reclusione per Guido, al quale vengono concesse le attenuanti generiche: il ragazzo si dichiara pentito e la famiglia Lopez accetta un risarcimento. Il verdetto viene ribadito in via definitiva dalla Cassazione tre anni dopo. La storia, questa maledetta storia, però non finisce qui. Anzi.
Nel gennaio 1977 Izzo e Guido si segnalano per aver preso in ostaggio una guardia penitenziaria nel carcere di Latina con l’obiettivo di evadere: tentativo fallito. Riesce, invece, nel 1981 quello di Guido, che fugge dal carcere di San Gimignano e raggiunge Buenos Aires, dove viene riconosciuto e arrestato poco più di due anni dopo. Ma i colpi di scena non sono finiti. Nel 1985, infatti, in attesa dell’estradizione, Guido scappa e ripara a Panama, dove si rifà una vita. Devono trascorrere 9 anni, giugno 1994, prima che venga catturato ed estradato in Italia.
Ad Izzo, invece, viene attribuito un tentativo di evasione dal carcere di Paliano nel gennaio 1986. Il 25 agosto 1993 gli riesce la fuga dal penitenziario di Alessandria, si reca a Parigi, ma viene catturato ed estradato in Italia.
Nel novembre 2004, però, il Tribunale di sorveglianza di Palermo gli concede la semilibertà per permettergli di lavorare in una cooperativa. Ancora una volta il delitto è dietro l’angolo. Izzo viene accusato di aver ucciso Maria Carmela Lanciano di 49 anni e la 14enne Valentina Maiorano, il 28 aprile 2005 in Molise. Sono rispettivamente la moglie e la figlia di un pentito della Sacra Corona Unita, che Izzo ha conosciuto nel carcere di Campobasso. Legate e soffocate, le due donne vengono sepolte nel cortile di una villetta a Mirabello Sannitico, in provincia di Campobasso: il duplice omicidio scatena roventi polemiche sulla giustizia. Izzo viene condannato nuovamente all’ergastolo il 12 gennaio 2007, verdetto confermato negli altri due gradi di giudizio.
Al nuovo processo contro Izzo avrebbe voluto assistere anche Donatella Colasanti, che invece muore a Roma il 30 dicembre 2005 all’età di 47 anni, stroncata da un tumore al seno. “Battiamoci per la verità” è il suo lascito.
Gianni Guido, infine, viene affidato ai servizi sociali l’11 aprile 2008 dopo 14 anni a Rebibbia. Il 25 agosto 2009 torna in libertà, grazie ad uno sconto di pena scattato in virtù dell’indulto. Tra evasioni e latitanza all’estero ha trascorso in carcere poco meno di 22 anni dei 30 previsti dalla sentenza di condanna.
FOTO: Gianni Guido (a sinistra) e Angelo Izzo durante il processo
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