Questa non è una trama stile ‘Il buono, il brutto e il cattivo’. Si oscilla fra i ‘Ragazzi della Roma bene’ e ‘Pariolini’, locuzioni magari banali, ma utili per inquadrare Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido, gli autori del massacro del Circeo. Loro si autodefiniscono “fascisti”.
ANDREA GHIRA – Ufficialmente è morto nel 1994 e sepolto a Melilla, enclave spagnola sulla costa orientale del Marocco. Non tutti, però, ne sono convinti, anche dopo la riesumazione ordinata dalla Procura di Roma nel 2005 e la conferma del test del Dna: i familiari delle vittime manifestano dubbi e contestano la perizia, sostenendo che le ossa apparterrebbero ad un parente di Ghira. Non solo. Addirittura non mancano le segnalazioni di chi lo ha avvistato a Roma, in Brasile, Kenya e Sudafrica. Una figura, quindi, ammantata dal mistero, fin da quando sfugge alla cattura. Ma chi è Andrea Ghira?
Classe 1953, è figlio di un imprenditore edile, Aldo Ghira, già noto per aver partecipato alle Olimpiadi di Londra del ’48. Andrea frequenta gli ambienti di estrema destra già dagli anni del liceo Giulio Cesare, dove si atteggia a capo di una formazione che teorizza il crimine come mezzo legittimo di affermazione sociale: viene sospeso per due mesi dopo aver aggredito altri studenti. Usa lo pseudonimo di Jacques, il nome di Berenguer, criminale del clan dei Marsigliesi: Izzo e Guido lo chiamano così davanti a Donatella e lei lo riferisce agli investigatori.
Dopo aver collezionato un paio di denunce, nel 1973 viene arrestato per una rapina messa a segno con Izzo e condannato a 5 anni: ne sconterà due e mezzo. L’avvocato che lo difende nella circostanza ricorda: “Non mi è mai capitato, in tutta la mia carriera, di aver conosciuto un cliente con una tendenza così spiccata per la violenza”.
E’ sua Villa Moresca, dove si consuma il dramma di Rosaria e Donatella. Izzo e Guido finiscono in manette poche ore dopo il ritrovamento della 127 al quartiere Trieste, Ghira, invece, riesce a dileguarsi. Prima tappa Israele, racconta il fratello, quindi la Spagna, dove cambia identità e assume il nome di Massimo Testa de Andres. Quindi si arruola nel Tercio, la Legione straniera iberica. Dal 1980 in poi viene più volte sanzionato e arrestato per detenzione e consumo di droga. Infine viene espulso dalla Legione nel 1993 “per carenti condizioni psicofisiche”. La fine è vicina. Nel 1994, infatti, il suo cadavere viene trovato a Melilla con una siringa nel braccio: la data precisa resta un mistero. In linea con la vita del personaggio.
ANGELO IZZO – Nato a Roma nel 1955, è figlio di un ingegnere edile. Frequenta l’istituto San Leone Magno come Guido. A 13 anni entra nella Giovane Italia, associazione studentesca del Movimento Sociale Italiano, dalla quale viene espulso insieme a Ghira nel 1969. Nel 1972 si sottopone alle cure di uno psichiatra, che lo trova affetto da “nevrosi maniaco depressiva”.
Il 2 marzo del ’74, insieme ad altri due amici, costringe una ragazza a subire – dirà la vittima – “atti di libidine violenta” a Monteporzio Catone: viene condannato a 18 mesi. Non è un episodio isolato. Pochi mesi dopo, a novembre, ripete il gesto insieme alle stesse persone ai danni di una 18enne. Per il massacro del Circeo finisce subito in manette e subisce l’ergastolo. In carcere Izzo si dedica alla scrittura, ma soprattutto si offre di collaborare con la giustizia, fornendo la propria versione sulle stragi di Piazza Fontana, Brescia e Bologna, oltre che su alcuni omicidi eccellenti di terrorismo e mafia. Le sue deposizioni, però, si riveleranno infondate.
A suo carico anche diversi tentativi di evasione, ma soprattutto, nel 2005, l’uccisione di Maria Carmela e Valentina Maiorano, all’epoca sotto protezione. Moglie e figlia di un ex affiliato alla Sacra Corona Unita – che Izzo ha conosciuto in carcere a Campobasso – vengono trovate morte in una villa di Mirabello Sannitico, in Molise. Per Izzo, in regime di semilibertà dal 2004, scatta ancora una volta la condanna all’ergastolo nel 2007. Angelo Izzo torna agli altari della cronaca – è il caso di dirlo – il 10 marzo 2010, quando sposa la giornalista Donatella Papi nel carcere di Velletri.
GIANNI GUIDO – Unico incensurato del trio, Guido ha 19 anni all’epoca dei fatti. Figlio di un importante funzionario di banca, viene arrestato con Izzo il primo ottobre 1975. Il papà è sgomento: “Non credo che mio figlio si sia mai drogato – osserva – e non riesco a spiegarmi come sia rimasto coinvolto in questa orrenda storia. Ancora spero che si tratti di un equivoco o che altro mi resta?”. Gianni subisce la condanna all’ergastolo in primo grado, ridotta a 30 anni in Appello: gli vengono riconosciute le attenuanti generiche, grazie anche ad un risarcimento di 100 milioni di lire alla famiglia Lopez.
Poi iniziano le peripezie. Fugge dal carcere di San Gimignano nel 1981 e rimedia una condanna a 4 anni e sei mesi. Nel 1983 viene acciuffato in Argentina, dove vende le automobili sotto le sembianze di Andrea Mariani. Il Paese sudamericano concede l’estradizione, ma il 15 aprile 1985 Guido fugge dall’ospedale nel quale è ricoverato in seguito all’ennesimo tentativo di fuga.
Di lui non si sa più nulla fino al 1994, quando viene rintracciato a Panama: arrestato, torna in Italia. Nel 2007 gli viene concessa la semilibertà: di giorno lavora per una cooperativa, la sera deve rientrare in carcere a Civitavecchia. Così, tra indulti e benefici premiali, previsti dalla Legge Gozzini, Guido torna ad essere un uomo libero il 25 agosto 2009.
“Guido – si legge nell’ordinanza di scarcerazione – ha radicalmente modificato l’evoluzione della sua personalità, contribuendo ad orientarla verso la riflessività, la consapevolezza\della complessità, la ricostruzione etica e rendendola attraversata dal tormento e dal rimorso per il crimine commesso”. Nel frattempo ha portato a termine i suoi studi, laureandosi in Lettere – sottolinea il giudice – con pieni voti.
FOTO: da sinistra: Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira
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