I costi
Non c’è corruzione senza giallo. Si’ perché i conti non tornano anche quando si tratta di quantificare i danni, notevoli, provocati all’economia italiana.
Tutto nasce nel 2004, quando la World Bank, con sede a Washington, diffonde i dati della ricerca dell’economista Daniel Kaufmann. Secondo lo studioso cileno, già presidente dell’istituto e attualmente a capo del Natural Resource Governance Institute, ogni anno le tangenti pagate in tutto il mondo superano i 1.000 miliardi di dollari americani. Una somma pari al 3% dell’economia mondiale, anche se lo stesso Kaufmann avverte: “Da sola non rappresenta i costi complessivi della corruzione e la situazione varia significativamente da Paese a Paese”. Annotazione, quindi, da non sottovalutare, ma in Italia la stima del 3% viene comunque applicata al nostro Pil: da qui la valutazione che la corruzione da noi costi 60 miliardi di euro l’anno.
Cifra che viene ribadita nel febbraio 2012 dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Illegalità, corruzione, malaffare - le parole di Giampaolino - sono fenomeni ancora notevolmente presenti, le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce”. Nulla è cambiato, insomma, nonostante la Tangentopoli di 20 anni prima e come insegna oggi Mafia Capitale.
Ed esattamente due anni dopo, il 3 febbraio 2014, il commissario europeo per gli affari interni, Cecile Malmstrom, illustra il primo rapporto sulla corruzione nell’Unione, stimata in 120 miliardi di euro. Quando tocca l’argomento Italia, non fa altro che seguire la scia della Corte dei Conti, cioè che l’ammontare della corruzione nel nostro Paese è di 60 miliardi.
La realtà è invece ben diversa e il professor Lucio Picci, ordinario di Economia all’Università di Bologna, ricorre ad un paradosso per svelare l’equivoco: “I 60 miliardi di costo della corruzione – segnala – sono come il Fantastilione di Paperon de’ Paperoni: una cifra inventata che serve ad indicare una quantità enorme che non conosciamo”. In sostanza – e questo vuole far capire il professor Picci, che studia proprio i metodi per calcolare la corruzione – nessuno è in grado di stabilire quale sia il livello di corruzione in Italia come in tutto il mondo, perché è un capitolo complicatissimo da affrontare. “Se anche conoscessimo la cifra di tutte le tangenti pagate in un anno – chiarisce Picci - quel numero non rappresenterebbe il costo della corruzione ma solo la punta dell’iceberg, visto che non terrebbe conto di tutte le distorsioni che la corruzione produce”.
Ovviamente questo non significa che il problema sia sopravvalutato. Anzi, il contrario. Alberto Vannucci, professore di Scienza politica a Pisa, ritiene che i famosi 60 miliardi siano una cifra sbagliata, ma al ribasso. Per questo, anche accettando i calcoli della Corte dei Conti, in base ai quali la corruzione produce una maggiorazione del 40% di spesa nei contratti per “opere, forniture e servizi pubblici”, la somma totale annua della corruzione stessa supera i 100 miliardi di euro l’anno.
Diatribe numeriche a parte, ci sono altre cifre che vanno tenute bene a mente quando si parla di corruzione. Per esempio, in base ad uno studio di Unimpresa del 2014, nell’arco di 10 anni – tra il 2001 e il 2011 – la corruzione ha eroso 10 miliardi di euro di Pil l’anno, vale a dire 100 miliardi. Inoltre, il fenomeno provoca un calo degli investimenti esteri del 16% e, viceversa, causa un incremento del costo degli appalti pubblici pari al 20%. Non solo. Le aziende che insistono in un contesto corrotto e finiscono per pagare le tangenti hanno una crescita inferiore del 25% rispetto a quelle che operano in zone di legalità. Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, si segnala un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi. Perché la corruzione sconvolge i parametri di mercato e agevola la ricchezza per chi accetta la logica delle mazzette a scapito di chi la respinge. Altro che libera concorrenza…
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Il fenomeno all'estero
Prima o ultima, dipende dai punti di vista. L’unico dato indiscutibile è che l’Italia è in testa tra gli stati dell’Unione Europea per corruzione, ma certo non merita la maglia rosa, piuttosto quella nera. La certificazione poco lusinghiera è datata 2014, ad opera di Transparency International, che pubblica annualmente il Corruption Perceptions Index, per studiare le stime degli osservatori internazionali sul livello di corruzione in 177 Paesi su scala mondiale: rispetto alla valutazione generale noi occupiamo il 69° posto, confermando la posizione dell’anno precedente. In compagnia del Belpaese ci sono Grecia e Bulgaria e in graduatoria ci precedono Sud Africa e Kuwait, ma anche Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia.
Dietro di noi il Montenegro e l’isola africana di Sao Tome, mentre nelle posizioni di coda troviamo Somalia, Corea del Nord, Afghanistan, Sudan, Libia, Iraq, Uzbekistan e Siria.
Ora però rovesciamo il mondo e chiediamoci: in quali Paesi si può fare tranquillamente impresa? E a quale latitudine non si trovano funzionari governativi che chiedono tangenti per consentire il lavoro senza problemi? O dove è possibile avviare un’attività senza ricorrere alla corruzione per ottenere licenze e permessi? A guidare la top ten degli Stati più virtuosi è la Danimarca, seguita da Nuova Zelanda e Finlandia. Ai piedi del podio altri due Paesi scandinavi, Svezia e Norvegia. Seguono Singapore, Svizzera, Olanda, Australia e Canada. Dodicesima la Germania, 22^ piazza per la Francia.
Altri dati interessanti se ci limitiamo allo scenario dell’Ue. Secondo l’Anti-corruption Report, del febbraio 2014, la corruzione grava sull’economia europea per 120 milioni di euro, pari all’1% del Pil comunitario. Eurobarometro del 2013, invece, rivela l’esito di un sondaggio, in base al quale il 76% degli intervistati ritiene che la corruzione sia un fenomeno diffuso nel proprio Paese. Qui la poco invidiabile posizione di capoclassifica appartiene alla Grecia, con il 99%, ma l’Italia arriva subito dopo con il 97% e precede Lituania, Spagna e Repubblica Ceca, che fanno registrare il 95%. Inoltre, il 73% dei cittadini europei è convinto che la corruzione costituisca il mezzo più immediato per ottenere servizi nel proprio Paese, mentre il 26% pensa di essere colpito quotidianamente da fenomeni legati alla corruzione.
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