Il Parlamento sta accelerando l’iter per introdurre il reato di tortura
nel Codice penale italiano, ma rimangono ancora profonde incertezze
circa la natura stessa del reato e le categorie che ne saranno coinvolte.
Ne abbiamo discusso con il senatore Pd Luigi Manconi, primo
firmatario del disegno di legge ora in discussione al Senato, dopo aver
subito sostanziali modifiche nell'impianto originario alla Camera
Anche in Italia la tortura sta finalmente per diventare un reato specifico. Una conquista di civiltà che comporterà una novità importante anche per gli immigrati, tutelandoli da espulsioni verso Paesi a rischio.
La Camera dei Deputati ha approvato e rimandato al Senato un disegno di legge che definisce e introduce nel Codice penale il reato di tortura e stabilisce pene e aggravanti. "Chiunque – prevede il ddl - con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni". Le pene aumentano se a commettere il reato sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, per i quali inoltre è previsto anche il reato di “istigazione alla tortura”. Il ddl specifica però che, perché si configuri tortura, “la sofferenza deve essere ulteriore rispetto a quella che deriva dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”.
C’è poi un articolo dedicato in particolare ai cittadini stranieri, che riscrive il primo comma dell’articolo 19 del Testo Unico sull’immigrazione. In corsivo le modifiche: "In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione o dalla tortura ovvero da violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani". Se anche il Senato confermerà questa novità, si amplieranno quindi i casi in cui uno straniero, anche se entra o soggiorna irregolarmente in Italia, non potrà essere rimandato in patria o in un altro Paese "a rischio". La tortura, infatti, è ancora praticata più o meno diffusamente in molti Paesi del mondo, così come ci sono molti Paesi dove si registrano violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani.
Il disegno di legge è passato con un’ampia maggioranza. Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno tentato però di eliminare o depotenziare con degli emendamenti, tutti respinti dall’Aula, l’articolo che riguardava gli immigrati.
Approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1984, a New York, la Convenzione contro la tortura è entrata in vigore il 26 giugno del 1987. Uno tra i pochissimi strumenti internazionali per la difesa dei diritti umani, la Convenzione prevede alcuni obblighi per i 145 Paesi che l'hanno ratificata. Tra questi oneri bisogna ricordare: l'autorizzazione agli ispettori Onu e agli osservatori dei singoli Stati di entrare nelle carceri di ciascun Paese, mediante visite a sorpresa atte a constatare l'effettivo rispetto dei diritti umani e l'istituzione del diritto di asilo per quei soggetti che potrebbero essere esposti alla tortura, se rimpatriati nel Paese di origine.
L’Italia è inadempiente circa l’obbligo di introduzione del reato di tortura dal 1988, anno in cui fu ratificata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984. Eppure dei tentativi sono stati fatti, tutti andata falliti in quanto il legislatore ha sempre ritenuto che le fattispecie indicate nella Convenzione del 1984 fossero già presenti nel Codice penale. Il primo tentativo di introduzione del reato di tortura risale al 1989 a firma del senatore Pci Nereo Battello.
Due anni dopo un nuovo tentativo fu portato avanti dall’esponente dei Verdi Franco Corleone, con scarso successo. Negli anni a seguire non si parlò più del reato di tortura, fino alla fine degli anni Novanta quando vennero presentati altri disegni di legge; uno proposto da Silvio Berlusconi nel 1999 e uno di iniziativa governativa nel 2000 a firma dei ministri della Giustizia e degli Esteri Piero Fassino e Lamberto Dini. Gli ultimi tentativi si registrano infine nel 2006 e nel 2008, anche questi conclusi senza fortuna.
L’Italia è chiamata dunque a colmare la carenza legislativa sul tema, e per farlo sta discutendo un testo di legge il cui relatore è il senatore del Pd Luigi Manconi. La discussione sul testo è iniziata già nel 2013; dopo il primo via libera da parte del Senato il 5 marzo 2014 la proposta di legge è rimasta infatti in commissione alla Camera fino a marzo di quest’anno.
Il testo prevede che il reato di tortura sia punito con la reclusione da 4 a 10 anni e da 5 a 12 se la tortura viene perpetrata da un pubblico ufficiale che infligge, o minaccia di infliggere, sofferenze fisiche e psichiche al fine di ottenere informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. Sono previste inoltre ulteriori aggravanti in caso siano procurate lesioni personali, lesioni personali gravi, lesioni personali gravissime e la morte della persona offesa.
In caso di morte delle persona offesa quale conseguenza non voluta, la pena arriva ad un massimo di 30 anni di reclusione. L’ergastolo è previsto in caso di morte volontariamente provocata. Viene inoltre punita la condotta di chi istiga alla tortura, e viene stabilito che le dichiarazioni estorte grazie al delitto di tortura, non siano utilizzabili in un processo penale. Infine il testo vieta le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni in Paesi dove viene praticata la tortura e mette un freno alle immunità diplomatiche per chi è indagato o condannato per tale delitto nel proprio Paese.
Il trattato internazionale prevede anche la creazione di un Comitato contro la tortura. Nonostante sia considerato uno tra i più incisivi tra i Comitati dei diritti umani, esso può effettuare dei controlli soltanto se uno Stato aderente alla Convenzione dichiara espressamente di accettarli. Il Parlamento italiano, ad oggi, pur aderendo alla Convenzione, non ha ancora approvato la legge di ratifica prevista dal nostro ordinamento e indispensabile per renderla operante. Assieme a questa mancanza nel rispettare i propri impegni presi in sede internazionale, vi è anche l'assenza di introduzione del reato di tortura nel Codice penale da parte dell'Italia.
Lo Stato italiano ha, inoltre, sottoscritto un'altra Convenzione sulla tortura, quella del Consiglio d'Europa, ratificata da 47 Stati europei, che non è ancora operativa. Dunque, per chi oggi subisse delle torture nel nostro Paese, è possibile rivolgersi alla Corte europea per i Diritti dell'uomo, perché l'Italia ha sottoscritto nel 1950 la Convenzione per i Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali, che all'articolo tre vieta espressamente ogni tipo di tortura. Un articolo violato, secondo la recente sentenza della Corte nella causa Cestaro vs Italia [Arnaldo Cestaro, il più anziano dei manifestanti presenti all’interno della scuola Diaz che durante i pestaggi della Polizia riportò fratture multiple, ndr], proprio dallo Stato italiano. La Cedu ha inflitto la condanna all'Italia riconoscendo la tortura e il trattamento inumano o degradante subito dai manifestanti nella scuola Diaz da parte della Polizia, durante il G8 del 2001.
E ciò mentre tutti Paesi europei (come la Spagna, la Francia, il Regno Unito, la Germania) hanno nella loro legislazione penale il reato di tortura. Eppure è una sentenza importante, perché ha sancito un principio che sfugge alla vulgata: che è tortura anche una singola condotta svincolata dall’intenzione di ottenere qualcosa dal torturato, e sopratutto gratuita e indipendente dal comportamento di questi. Ed è importante perché la Corte ha affermato che la carenza di giustizia in Italia sul punto non dipende da una negligenza della nostra giustizia, ma dalla mancanza di idonea normativa. Ma da questa sentenza della Cedu discende ulteriormente l’urgenza di introdurre questo reato nel nostro ordinamento, affinché sancisca un principio cardine degli ordinamenti dei Paesi civili: che lo Stato garantisce, anche sul piano penalistico, il patto di fiducia che deve legare i cittadini allo Stato.
Senatore, da dove nasce la discussione rispetto al disegno di legge?
La storia di questo disegno di legge già da sola a mio avviso permette di capire quasi tutto il contenzioso in atto. Le ostilità che ha incontrato, in particolare provenienti dagli appartenenti alle Forze di polizia, dalle organizzazioni sindacali di queste stesse Forze, e poi dal Ministro e dal Capo della Polizia, si concentrano su un punto. Ed è proprio questo punto che io metto in discussione.
Il mio disegno di legge, quello depositato per primo in questa legislatura, indicava il reato di tortura come reato proprio, da imputare a pubblici ufficiali e a chi esercita pubbliche funzioni.
... [continua]
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FOTO: Il sen. Luigi Manconi
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