Una formula che può rappresentare un momento
di crescita, un tentativo di elevarsi come società
civile, per raggiungere dei risultati
che lo Stato, da solo, non può fornire
Senso d’insicurezza, sfiducia nelle Istituzioni, lotta al degrado. In tutto il Paese, il tema della sicurezza continua ad infiammare il dibattito politico e mediatico. È in tale contesto che s’inserisce la nuova realtà del Controllo del Vicinato, “una rete territoriale di volontari e specialisti volontari che forniscono consulenza e supporto gratuito alle Amministrazioni comunali, alle associazioni locali e a privati cittadini”. Un vero e proprio fenomeno in espansione che, dopo le esperienze positive nel nord Italia, ha cominciato a raccogliere consensi anche nelle periferie della Capitale, una città contrassegnata da forti contraddizioni e tensioni sociali.
In Italia le Associazioni per il Controllo del Vicinato (ACdV) costituiscono un fenomeno relativamente recente ma affondano le proprie radici nell’esperienza statunitense dei “Neighbourhood Watch”. Sorti negli anni ’60 e ’70, e adottati con successo nell’Inghilterra thatcheriana nel decennio successivo, i NW nacquero come risposta a un fatto di cronaca avvenuto a New York nel 1964, l’omicidio di Kitty Genovese, una giovane italoamericana uccisa e stuprata in strada da un killer necrofilo. Il “caso Genovese” scosse l’opinione pubblica, non solo per l’atrocità del delitto. In un articolo del New York Times si sottolineò, con toni sensazionalistici, il fatto che numerosi testimoni, di fronte al delitto, non intervennero né chiamarono la Polizia. L’effetto fu immediato e il comportamento di quei cittadini diventò oggetto di studio in materia di psicologia sociale. Si cominciò a parlare di “sindrome Genovese” e di “bystander effect” (effetto spettatore) e ci si pose di fronte al problema della responsabilizzazione dei cittadini.
Il Controllo del Vicinato fonda le sue basi teoriche nella ricerca scientifica, in particolare in studi criminologici. Nel programma ufficiale delle ACdV, infatti, si fa riferimento a varie teorie, prima fra tutte quella della “Prevenzione Situazionale”, consistente “nell’adozione di misure di prevenzione finalizzate a ridurre l’opportunità dell'evento criminale”. Per conseguire tale obiettivo il Controllo del Vicinato promuove l’autorganizzazione dei cittadini, una sorta di vigilanza passiva e una collaborazione diretta tra cittadinanza e Forze dell’ordine. Non sono previsti né atti di eroismo né alcun tipo di pattugliamento. ... [continua]
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