Se c’è ostilità a una modernizzazione effettivamente democratica
delle Forze di polizia è evidentemente perché ci sono tante cerchie
di interessi che si intrecciano fra di loro e riescono anche ad avere
una certa base di massa
Da anni, e anche da parte del caro compianto Franco Fedeli, tante volte in queste pagine abbiamo cercato di capire perché la legge di riforma delle Polizie e della Sicurezza 121 del 1981 fu non solo parziale ma mai applicata interamente, come peraltro, purtroppo, s’è fatto con la Costituzione che ricordiamolo resta la più avanzata fra le Carte costituzionali dei Paesi democratici. E abbiamo visto e constatiamo anche di peggio: continue interpretazioni fuorvianti o che stravolgono la riforma sino alla sua eterogenesi, come sta avvenendo anche con il tentativo di riforma della Costituzione e la legge elettorale che sarà incostituzionale tanto quanto il cosiddetto porcellum.
Cerchiamo di capire perché non si vuole la modernizzazione effettivamente democratica delle Forze di polizia.
Non c’è più nessun vivente del secondo dopoguerra ancora in servizio nei ranghi delle Forze di polizia in Italia, ma c’è ancora continuità con quello che era l’assetto istituzionale che si configurò dopo il 1945. Ricordiamo che l’Inghilterra e gli Stati Uniti fecero di tutto per far restare al loro posto i fascisti e collaborazionisti dei nazisti o per rimetterli in sesto Purtroppo la mancata epurazione marchiò pesantemente in particolare le Forze di polizia, le Forze militari e i servizi segreti e questa eredità è stata pagata col sangue di tante vittime di stragi, di complotti e di continue deviazioni. La sicurezza fu soprattutto tutela dei dominanti contro i lavoratori sempre sospettati di diventare classi pericolose a rischio di essere egemonizzate dai sovversivi, in realtà spesso manipolati dai servizi segreti stranieri e dalle frazioni di quelli italiani alla mercé del protettore di turno. Il partito-Stato (la Dc) con Scelba si preoccupò soprattutto di tutelare gli interessi dei dominanti usando più spesso il bastone anziché la carota. Il baratto di fatto fra politici al potere e i vertici delle Polizie fu di garantire a questi una certa autonomia di gestione di queste forze, alcuni privilegi e carriere in cambio della fedeltà al potere politico. Così, il clientelismo comune in tutti i settori del Paese si riprodusse anche nelle Polizie, favorendo il corporativismo. I partiti di opposizione si preoccuparono soprattutto di salvaguardare la loro agibilità politica.
Quando il movimento democratico per la riforma delle Polizie e del governo della Sicurezza si diffuse fra il personale delle Polizie, il Parlamento dovette infine votare la 121. Ma, l’attesa razionalizzazione democratica di questo settore cruciale del Paese non fu mai avviata. La quasi totalità dei politici è sempre rimasta e rimane totalmente ignorante di cosa sono e di come funzionano le Polizie e il governo della Sicurezza. I pochi che conoscono il settore usano queste conoscenze per il loro potere, per essere i referenti dei vertici nel rinnovare il baratto prima accennato. Quando si è arrivati alla costituzione del Comparto Sicurezza s’è sperato che si potesse avviare infine un processo di razionalizzazione democratica. La stessa costruzione dell’Unione europea sembrava poter favorire tale processo. Ma, eccoci ancora nel 2015 con cinque Forze di polizia dello Stato, con Polizie locali di dimensioni considerabili e a volte usate a uso e consumo di qualcuno che conta, con un aumento continuo di Polizie private il cui controllo appare assai aleatorio, con una panoplia de strutture, dispositivi, mezzi e servizi spesso sovrapposti, doppioni, e infine senza alcun controllo da parte di un’Autorità effettivamente indipendente che possa verificare il rispetto del dettato costituzionale di tutto ciò che riguarda il campo della sicurezza anche privata. ... [continua]
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