Il professor Roberto Tottoli, docente di Islamistica all’Università
di Napoli “L’Orientale”, spiega quali siano le dinamiche che ruotano
intorno alle ultime vicende che hanno scosso l’opinione pubblica
Possiamo parlare di integrazione dei musulmani in Occidente? Dopo gli ultimi eventi di terrorismo l’allerta nel nostro Paese è cresciuta di pari passo con la paura e sembra non volersi fermare. Sono stati intensificati i controlli, c’è un maggiore lavoro di cooperazione tra intelligence dei vari Paesi europei che si mescola anche a fenomeni di allarmismo.
Dopo Mali e Centrafrica la profonda instabilità che sta attraversando il Sahel ha ora toccato il Sud Sudan aggiungendo così un’altra ferita a una regione dell’Africa attraversata da crisi e scontri aperti tra popolazioni e comunità religiose diverse. Sul Corriere della Sera Tottoli commentava così il nuovo conflitto che scuote il Sud Sudan, uno Stato di recente creazione nato dalla separazione dal Nord di fede e governo islamico. Di recente il Paese è sconvolto da un conflitto che oppone le due etnie più importanti, i Dinka e i Nuer. Uno scontro che, spiega Tottoli, mina il precario e recente equilibrio e rischia di trascinare il Paese in una lunga e sanguinosa guerra civile.
Tutto ciò accade in un’ampia regione dell’Africa sub-sahariana dove lo scontro religioso e l’avanzata dell’Islam politico ha raggiunto la Repubblica centrafricana. Il confine dell’islamizzazione che corre dal Senegal alla Somalia, negli ultimi anni, ha visto accrescere conflitti in una zona sempre più ampia che ha anche permesso penetrazioni qaediste. Non è ancora il caso del Sud Sudan, ma la crisi potrebbe trascinare la regione nei conflitti e offrire terreno fertile all’instabilità delle nazioni circostanti.
A seguito dei numerosi atti di intolleranza nella città irachena di Mosul, capitale del nuovo Stato dell'Isis, verso le chiese e le abitazioni di famiglie cristiane, la tensione internazionale è salita. La croce sulla cupola della chiesa di Sant’Efrem è stata abbattuta. Sulle case dei fedeli di Cristo è stata dipinta una N (che sta per Nazarat, Nazareni) da parte degli ufficiali governativi dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Il gesto è stato compiuto per rendere più visibili tali abitazioni e escluderle dalla distribuzione di cibo e di acqua. Ora, a strappare la storica presenza delle famiglie cristiane dalla città di Mosul, è piombato il diktat lanciato dall’Isis: “O vi convertite, o pagate una tassa di protezione, o lasciate le vostre abitazioni entro 24 ore”. Oppure la morte. Papa Francesco ha ricordato la fuga dei cristiani da Mosul, dedicando loro le proprie preghiere. Eppure, nei secoli, il passato di Mosul ha raccontato tutta un’altra storia.
Come descrive Roberto Tottoli i cristiani, gli ebrei, ma anche gli indù e i buddisti “per i musulmani divennero ben presto le ‘Genti del Libro’, ovvero seguaci di religioni imperfette ma accettabili, perché credevano in un solo Dio ed avevano dei testi sacri”. Queste popolazioni, dunque, dovevano pagare una tassa secondo le loro possibilità per essere, appunto, protetti. Quello di Mosul era quindi un mosaico fatto di popoli di diverse religioni che convivevano in armonia. Poi, inspiegabile, è arrivata l’estrema radicalizzazione operata da parte del califfo dell’Isis. Una estremizzazione, come spiega ancora Tottoli, che richiama quella in Africa operata da Boko Haram, ma che non viene ben vista neanche tra gli stessi musulmani: dai moderati ai salafiti, infatti, unanime è giunta una condanna verso il califfo Ibrahim e le azioni dell’Isis. Una volta in fuga, i cristiani che scappano da Mosul, sono stati fermati nelle postazioni di controllo alla frontiera: qui i miliziani dell’Isis li depredano dei loro averi e delle loro automobili per farli proseguire a piedi. ... [continua]
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