Priorità ai profitti, alle grandi opere,
non ci sono soldi per il risanamento del dissesto
idrogeologico, delle situazioni di inquinamento
e di gravissimi rischi per la diffusione
tante altre località italiane, ma anche europee e del mondo intero, è eloquente: i disastri si ripetono immancabilmente ogni volta che si produce un nubifragio violento così come in occasioni di incidenti industriali, stradali e di altro tipo. Chiunque abbia studiato con un minimo di onestà intellettuale questi eventi capisce che si tratta di “fatti politici totali”: sono la conseguenza ben prevedibile di un governo della società che sin dal diciannovesimo secolo e sempre peggio durante il fascismo e dal secondo dopoguerra, non ha mai smesso di operare favorendo nei fatti la riproduzione di catastrofi annunciate.
Il liberismo che ha trionfato soprattutto dalla fine degli anni Ottanta ha già esasperato e sicuramente non smetterà di aggravare questa prospettiva proprio perché ormai la sinistra s’è convertita alla sua doxa: priorità allo sviluppo economico, priorità ai profitti, priorità alle grandi opere, non ci sono soldi per il risanamento del dissesto idro-geologico, delle situazioni di inquinamento e di gravissimi rischi per la diffusione di malattie oncologiche. Insomma la res publica è più che mai “parola sconosciuta”, lo stesso futuro sostenibile della società e quindi dell’umanità non ha alcuna importanza secondo il paradigma liberista (dell’hic et nunc massimo profitto).
La situazione è paradossale, in apparenza: si potrebbero creare milioni di posti di lavoro se si adottasse un programma di effettivo risanamento dell’assetto urbanistico, delle infrastrutture e di tutte le attività economiche. E si potrebbe, quindi, creare un assetto in grado di favorire una prospettiva di sviluppo effettivamente duratura, dotata di dispositivi e meccanismi di prevenzione adeguati e di una ricerca che rinnova le conoscenze e quindi i saperi necessari a tale scopo.
All’opposto, destra e sinistra convertita al liberismo procedono senza alcuna ambascia nel pensare e promuovere uno sviluppo che promette una versione “postmoderna” delle mani sulla città, la diffusione del lavoro precario, sotto minaccia, in parallelo a quello neo-schiavo nelle economie sommerse, l’annichilimento nell’impotenza di tutte le persone che non riescono a trovare spazio in questa configurazione economica-sociale e non hanno più neanche un minimo di reattività o di capacità di azione collettiva.
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