Mare Nostrum o Frontex Plus? Il braccio di ferro tra Italia
e Unione Europea sulla questione migranti non ha sciolto
il nodo delle responsabilità. A chi resta il cerino in mano?
Vera Lamonica, Cgil «Siamo di fronte ad una catastrofe umanitaria»
Secondo i dati raccolti dal Consiglio Europeo sui Rifugiati e gli Esuli, solo nel 2014, circa duemila persone hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo. Il numero di richiedenti asilo e di sfollati è in costante aumento a causa del clima di instabilità che caratterizza ormai da troppo tempo l'area del Nord-Africa e del Medio Oriente. Un allarme confermato anche dall'Unhcr (Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati), che, nell'ultimo rapporto, parla di un numero di profughi in fuga dalle guerre pari a 50 milioni, il valore più alto dalla Seconda guerra Mondiale.
Nell'ultimo anno l'Italia, attraverso l'operazione Mare Nostrum, ha tratto in salvo oltre 110mila persone. A fine agosto, dopo l'ennesima estate di sbarchi, morti e soccorsi, il ministro dell'Interno Angelino Alfano, ha incontrato la commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmström, annunciando, dopo il faccia a faccia, il superamento dell'operazione italiana a favore di un intervento targato Ue. Pochi giorni dopo la smentita europea: Frontex Plus non sostituirà Mare Nostrum. Ne parliamo con Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil per le politiche dell'immigrazione.
Vera Lamonica, ogni anno è emergenza. Perché l'Italia e l'Europa non riescono ad attuare un "governo dell'accoglienza"?
I numeri diffusi dalle Agenzie europee sui migranti sono drammatici perché segnalano una realtà non solo a tutti nota, ma atroce nelle sue dimensioni. Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria catastrofe umanitaria che ci mostra due elementi. Il primo è che siamo di fronte ad un continente – l'Africa – e ad un Medioriente in situazioni di straordinaria instabilità, caratterizzate da guerre più o meno nascoste da cui milioni di persone sono in fuga. Questa è una realtà che non si affronta rafforzando o chiudendo le frontiere, ma con politiche di cooperazione, con un'altra idea del mondo e della pace, che deve tornare al centro delle politiche europee. La seconda evidenza è che non esistono ad oggi vie d'ingresso legali in Europa.
Dal nostro punto di vista anche l'Italia al momento non ha accessi legali, neanche per i rifugiati e richiedenti asilo. E' chiaro quindi che il primo problema che si pone è la costruzione di una modalità programmata di governo del fenomeno condivisa a livello europeo, non solo per farci uscire dalla logica permanente dell'emergenza, ma anche per mettere in campo una strategia efficace contro i trafficanti di uomini, che sono trafficanti di morte, i soli a beneficiare dello stato attuale delle cose.
Come giudica la questione Mare Nostrum/Frontex Plus, considerando che il primo ha come obiettivo primario "garantire la salvaguardia della vita in mare", mentre l'Agenzia Frontex adotta una politica in linea con l'Ue, ovvero quella di impedire l'accesso illegale dei migranti clandestini?
Mare Nostrum è stata una straordinaria azione dell'Italia, non solo negli intenti ma soprattutto per come è stata gestita nella pratica dagli uomini delle Forze dell'ordine. E' stata un'iniziativa di incredibile efficacia, un'esperienza assolutamente positiva. Sarebbe opportuno divenisse un'esperienza europea. Invece la risposta dell'Europa desta molte preoccupazioni: la prima è che non è chiaro quale sarà la mission di Frontex Plus, né quali saranno le risorse reali che l'Ue metterà in campo. Non è chiaro nemmeno se agirà esclusivamente nelle acque territoriali europee, il che vorrebbe dire ridurre di molto l'area di intervento per le operazioni di salvataggio.
Non vorremmo si riproponesse un'esperienza fallimentare e siamo molto preoccupati, perché se Frontex Plus dovesse sostituire Mare Nostrum significherebbe condannare centinaia di migliaia di persone a morte sicura.
Intanto non è esattamente un vento rassicurante quello che spira oltre confine: in Gran Bretagna, dopo il taglio ai sussidi per gli stranieri, il governo Cameron pensa ad un tetto agli ingressi, mentre Berna si prepara ad un nuovo referendum, e Parigi, dopo il trionfo di Le Pen alle europee, punta alle quote per gli immigrati. Un'Europa xenofoba e populista?
Aggiungiamo che qualche giorno fa l'Austria ha minacciato di uscire da Schengen, quindi la risposta alla sua domanda è: assolutamente sì. È vero, c'è un vento preoccupante in Europa dovuto a tante cose, non ultima la crisi profonda in atto da diversi anni che sta logorando i rapporti sociali. Le incertezze e le insicurezze che serpeggiano tra le persone sono il terreno ideale su cui costruiscono il consenso movimenti regressivi e populisti, che, agitando lo spauracchio dello straniero invasore, provano a dare risposte di un becero nazionalismo ormai per giunta completamente obsoleto.
E torniamo all'Europa intesa come insieme di Stati, perché spetterebbe all'Unione reagire con politiche serie, inclusive e lungimiranti, in luogo delle sterili manovre di austerità che invece rafforzano e nutrono queste tendenze. Bisogna invertire la rotta in generale sul terreno economico-sociale. Bisogna ricostruire un'idea, una visione di partecipazione, futuro, dare risposte ai giovani, tornare a parlare di lavoro, di diritti, perché solo così l'Europa potrà avere un domani.
Il tema dell'immigrazione in Italia è vissuto tra disagi e paure. E di certo la crisi economica e occupazionale non aiuta a distendere il clima. Realisticamente, quale integrazione è possibile?
Questo è il tema centrale perchè mentre per i richiedenti asilo parliamo di catastrofe umanitaria, nel caso di immigrazione strutturata siamo di fronte ad una realtà consolidata che non è un'emergenza. L'Italia ha un numero di immigrati assolutamente in linea con quello degli altri Paesi. Gli immigrati danno un contributo alla vita del Paese, lo danno in termini di fisco e di partecipazione alla vita.
Il problema è che questo Paese ha sempre vissuto l'immigrazione come qualcosa da non vivere come risorsa da integrare, ma come problema illudendosi di risolvere la questione con leggi come la Bossi-Fini, bloccando dunque gli ingressi. Questa percezione rende difficile la vita agli immigrati e non consente una seria programmazione in rapporto alla realtà del mercato del lavoro e un efficace governo del fenomeno. Inoltre è vero che in assenza di lavoro si rischia la guerra tra poveri, e la prima guerra tra poveri è quella tra nativi ed immigrati, ma vorrei ricordare che non dobbiamo solo ragionare sulla giornata, ma su una prospettiva di ritorno alla crescita.
Il punto è che il nostro è un Paese che accetta che una parte degli immigrati faccia un lavoro irregolare perché attraverso l'irregolarità si è radicata una forma di dumping sui diritti delle persone e sul valore del lavoro. Allora cominciare a ragionare di "quale integrazione" realisticamente vuol dire tenere conto del mercato del lavoro di oggi e del futuro che vogliamo costruire.
Intanto il Parlamento ha recentemente approvato l'abolizione del reato di clandestinità, ma con legge delega. Secondo lei il governo Renzi troverà il tempo in un anno e mezzo per passare dalle parole ai fatti?
Ce lo auguriamo perchè il reato è davvero assurdo. Ma non basta. Il problema è che bisogna rivedere completamente la legislazione in materia di immigrazione. Un governo che dice di voler cambiare verso non può non tener conto di decine di centinaia di miagliaia di ragazzi che non hanno possibilità di accesso alla cittadinanza e quindi al voto. Non può ignorare il fatto che mantenere in piedi l'impianto della Bossi-Fini significa dire che c'è chi afferma un'idea del Paese che è vecchia e in continuità con i governi precedenti. Altro che innovazione.
Cosa andrebbe cambiato a livello normativo per agevolare l'ingresso dei richiedenti asilo e i rifugiati che invece sono sottoposti alla stessa trafila dei migranti che si muovono per ragioni economiche?
Dovrebbero essere molti gli interventi messi in campo. Il primo, di nuovo, a livello europeo. Noi li abbiamo chiamati corridoi umanitari, dei punti in cui i rifugiati e richiedenti asilo possano inoltrare la domanda nel Paese di origine. Vanno cambiate le regole dell'asilo a livello europeo perché come sono adesso risultano ingestibili in quanto presupporre che la richiesta d'asilo debba essere presentata nel luogo dell'identificazione, significa lasciare il problema ai Paesi di frontiera come l'Italia. Questo vuol dire non assumere globalmente la responsabilità del fenomeno.
A livello nazionale andrebbe invece studiata una legge organica sull'asilo che preveda innanzitutto un sistema di accoglienza degno di questo nome, perché quello che abbiamo adesso, nonostante i passi avanti fatti, non è sufficiente. Poi andrebbe pensato un secondo step per non lasciare queste persone a se stesse costruendo insieme prospettive future e percorsi di vita.
Ora dobbiamo spingere sull'acceleratore perché siamo alla guida del semestre europeo. Non basta aver ottenuto un ministro degli Esteri (Federica Mogherini): l'Italia deve continuare a sollecitare e pungolare l'Unione sulla questione dei migranti, nell'ottica di un Paese alla guida di una nuova idea di Europa.
Infine vorrei ricordare che la Cgil insieme al Silp, ha più volte affrontato questo tema, portando avanti iniziative congiunte e non mi stancherò mai di sottolineare quanto dobbiamo essere grati agli uomini delle Forze dell'ordine per il lavoro che svolgono ogni giorno con dedizione e sacrificio, un lavoro prezioso, perché rappresenta la chiave per ricostruire consenso intorno ad un'idea di solidarietà nei confronti dell'altro.
FOTO: Vera Lamonica
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