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Settembre-Ottobre/2014 - Analisi
Il contributo
Bene comune e diritti
di Salvatore Palidda

Negli ultimi anni e ancor di più negli ultimi mesi l’opinione pubblica non solo italiana è stata sempre più sollecitata dalle informazioni sulle tragiche vicende di migranti annegati e altri salvati in mare e dalle ripetute prese di posizione a favore e contro l’immigrazione. Chi si ricorda sa che questa vicenda si ripete quasi a fotocopia sin dagli anni Ottanta e appare alquanto evidente che non poteva che peggiorare. La situazione dei Paesi di partenza è sempre più catastrofica: guerre, persecuzioni, violenze e fame. Visto che restando lì si corre il rischio di morire, chi può e ne ha il coraggio scappa, anche se corre lo stesso rischio, ma ha anche qualche speranza di riuscire a salvarsi e, forse, costruirsi una vita nuova.
In Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina, nei diversi Paesi africani e anche negli altri Paesi mediterranei dell’Africa del nord e del Medio Oriente, nei fatti, le grandi potenze mondiali hanno continuato ad agire a favore del caos permanente, ovviamente a beneficio dei signori della guerra, dei vari criminali e di chi fa soldi promettendo il viaggio della salvezza verso l’Europa. Gli affari dei mercanti di armi e dei mercanti di migranti sono sicuramente avvantaggiati dalla riproduzione del disastro umano ed economico in particolare di questi ultimi venticinque anni. Ma, com’è noto, le lobby che puntano su questo disastro, e innanzitutto quella militare-industriale e di operazioni di Polizia, sono le più forti e sono sempre più ibridizzate con quelle che giocano con le speculazioni finanziarie. Purtroppo, non si può non essere pessimisti di fronte a questa realtà in cui chi governa e decide appare sempre più alla mercé di queste lobby del “tanto peggio tanto meglio”. A scalare, le vittime sono i migranti e poi anche gli stessi nazionali dei Paesi di immigrazione.
Il funzionamento del meccanismo di questa macchina infernale si capisce bene a cominciare dall’effetto della politica proibizionista delle migrazioni adottata soprattutto dal 1990 da tutti i Paesi “ricchi”. Nei fatti, le leggi e decreti applicativi di questo proibizionismo assicurano la riproduzione di immigrati irregolari in parte con gli arrivi di “clandestini” (per circa il 25-30%) e soprattutto perché, quando la “barra” dell’accesso e della permanenza nella regolarità è troppo alta, lo scivolamento dal soggiorno regolare all’irregolarità non è raro (come scrive nei suoi rapporti lo stesso ministero dell’Interno, circa 75% degli irregolari sono overstayers e si può dire che quasi tutti i cosiddetti “clandestini” sono ben noti alle Forze di polizia). In altre parole, tutti i Paesi di immigrazione (Stati Uniti in testa con oltre 13 milioni di irregolari e un turn-over assai alto di questi; per tutta l’Europa circa 5 milioni) professano e sbraitano contro l’immigrazione irregolare ma non fanno altro che garantirsene la riproduzione.
La ragione di ciò è sotto gli occhi di tutti e persino “confessata” da analisti di fama come quelli della Rand Corporation che lavorano per il Congresso americano. L’’immigrazione clandestina è indispensabile all’economia dei Paesi “ricchi” non solo perché fornisce manodopera facilmente schiavizzabile o comunque malpagata e iper-ricattabile, ma ancora di più perché è usata per ricattare sia gli immigrati regolari, sia gli stessi nazionali. Esempio banale di cui chiunque può ritrovare analogie nel proprio territorio: il padrone dell’attività semi-sommersa (fabbrichetta, cantiere, azienda agricola ecc.) spesso attraverso i suoi “caporali” di fiducia (magari uno italiano e un altro straniero) impiega immigrati irregolari a 3 o anche 6 euro l’ora e quindi può permettersi di dire all’immigrato regolare che gli darà solo 5 o anche 8 euro l’ora e al nazionale 7 o anche 10 euro l’ora e però che mette in regola solo per 4 ore al giorno, altrimenti prende più “clandestini”, a loro volta minacciati di essere cacciati via se non lavorano tanto, bene e senza lamentarsi mai, altrimenti chiama la Polizia!
I casi simili, in peggio, sono molteplici ed è ovvio che sono più numerosi nelle zone dove ci sono più attività lecite, semi-lecite e illecite se non inquinate da commistioni con la criminalità organizzata. Non è, infatti, un caso che la maggioranza degli immigrati irregolari e regolari sta in “padania” come sanno bene i padroncini che votano Lega e i dirigenti di questo partito e i vari “acerrimi nemici” (a parole) dell’immigrazione di cui si nutrono da decenni proprio reclamando sempre più proibizionismo (c’è qui una evidente similitudine fra quello contro la legalizzazione-medicalizzazione delle droghe e quello contro le migrazioni). In particolare dal 1990 alla Polizia è sempre più stata assegnata la gestione dell’immigrazione straniera, definito uno dei primi e spesso il primo “problema” del governo della sicurezza a livello locale prima che nazionale.
E’ utile ricordare che sin da quando esiste lo Stato-nazione la Polizia è stata destinata alla gestione degli spostamenti della popolazione nazionale e dell’immigrazione straniera* . Questa gestione è stata e continua sempre a essere una delle principali attività del governo della sicurezza, soprattutto nelle congiunture in cui al potere politico e ai tanti che riescono a trarne rendita di voti e persino di “cassa” (chiamiamoli “imprenditori del sicuritarismo”) conviene scaricare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’immigrazione e quindi sulla Polizia. Che si tratti di una gestione pacifica e a volte persino umanitaria, oppure di una gestione spinta a essere persino violenta e razzista, tocca sempre alla Polizia controllare, discernere fra chi merita tolleranza, benevolenza, la concessione della regolarità e chi invece è destinato alla repressione.
Qualcuno dirà: ma questo lo stabiliscono le leggi e queste le fa il Parlamento. Ma chiunque, e innanzitutto le Polizie, sanno bene che nei fatti, nel quotidiano, l’effettiva selezione tra chi si lascia vivere e lavorare e chi invece diventa oggetto di procedure repressive è opera delle Forze dell’ordine in una sorta di intesa tacita, o a volte anche esplicita, con diversi soggetti sociali e in particolare con chi si avvale degli immigrati. Tutti sanno dove lavorano e dove vivono gli immigrati irregolari, così come si sa quali sono le attività semi-regolari o del tutto al nero. Nei fatti, spesso le Polizie sono usate anche come agenzie di regolazione del mercato del lavoro: non si controlla dove ci sono lavoratori al nero, a volte anche perché si sa che si rischia di mettere per strada persone (anche nazionali) che non hanno alternative. La tutela delle vittime delle economie sommerse, di fatto, è assai episodica o non esiste affatto e tutti lo sanno.
Perché non si programmano sistematicamente le operazioni interforze? Quanti operatori delle Polizie sanno come combattere le economie sommerse? Allora, non è solo demagogia parlare di lotta all’evasione contributiva e fiscale se non si provvede a un vero e proprio programma di risanamento di tutte le attività sommerse, assicurando innanzitutto la regolarizzazione di tutti i lavoratori (immigrati e italiani) e anche degli imprenditori disponibili e quindi facendone i primi collaboratori di un governo della res publica?
Ovviamente questa appare solo una sorta di utopia ridicola visto che tanti traggono beneficio diretto e indiretto dalle economie sommerse (in Italia più del 35% del Pil) o dal semplice lavoro dell’immigrato irregolare (si pensi anche alle badanti di pensionati e disabili che non possono pagarsi la messa in regola). Ma, se non si accetta la sfida di rilanciare l’economia e i posti di lavoro con una politica di investimenti massicci nelle infrastrutture e servizi e pianificazione del territorio non ci sarà mai l’uscita dal tunnel di questa crisi devastante che produce solo vittime nel terzo mondo, nel secondo e anche nell’Europa dove aumenta sempre più la distanza fra ricchezza e povertà.
E’ solo da un vasto e coraggioso programma di risanamento che si potrà anche correggere la deriva verso la corruzione e i reati nei ranghi della Pubblica amministrazione, delle agenzie di controllo e delle Polizie. E’ con un tale programma che le vittime delle insicurezze ignorate, compresi gli immigrati, potranno acquisire fiducia nelle Forze di polizia per la comune difesa della res publica che è bene di tutti. La sicurezza deve essere tutela dei diritti fondamentali di tutti, che sono innanzitutto tutela della salute, dell’ambiente in cui si vive e si lavora, di dignitose condizioni economiche e sociali. Negli anni in cui i poliziotti democratici si batterono per la riforma che arrivò solo nell’81 e purtroppo fu alquanto tradita, la prima motivazione che li spingeva –giustamente- era di sentirsi lavoratori e cittadini e quindi di condividere i bisogni, le preoccupazioni e le aspettative della stragrande maggioranza della popolazione, cioè la tutela della res pubblica. Non certo le richieste di razzisti e schiavisti.
E’ ora che le Forze di polizia riscoprano le vere motivazioni di operatori di uno stato di diritto democratico. La prova del nove sta nel praticare un discernimento e l’azione preventiva e punitiva senza apriori e discriminazioni, mettendo avanti a tutto la tutela dei diritti fondamentali di tutti che è tutela del bene comune, della res publica.
________________
*1) Ricordiamo che prima e dopo l’unità l’Italia è stato il Paese più segnato sia da immense migrazioni interne, sia da una forte e continua emigrazione verso l’estero e anche per questo la storia delle nostre migrazioni è “paradigmatica” nel senso che fa capire tutte le migrazioni del passato e anche del presente. A proposito della gestione degli immigrati da parte della Polizia fra altri si vedano soprattutto i libri di: J. Davis, Legge e ordine: autorità e conflitti nell'Italia dell'Ottocento, Milano, Franco Angeli, 1989; S. Rinauro, Il cammino della speranza. L'emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra, Einaudi 2009; S. Gallo, Senza attraversare le frontiere. Le migrazioni interne dall'Unità a oggi, Laterza 2012. Si vedano anche le pubblicazioni di M. Sanfilippo, responsabile anche del sito www.asei.eu in cui si posso leggere numerosi saggi sulla storia dell’emigrazione italiana, su cui esistono tanti film e in particolare Pane Amaro, https://www.youtube.com/watch?v=MK66S1ji_PY. Si veda anche Palidda, Mobilità umane, Cortina, 2008.
________________________
Per approfondire l’argomento si vedano i libri:

- Razzismo democratico, scaricabile da: http://www.agenziax.it/wp-content/uploads/2013/03/razzismo-democratico.pdf

- Mobilità umane, Cortina, 2008;

- Polizia postmoderna, Feltrinelli 2000

- Articoli dell’autore: http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=ricerca&action

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