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Maggio-Agosto/2014 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
L’emigrazione nel tempo attuale
di Paola Rodorigo

Tempo di emigrazione, tempo d’immigrati.
Emergenze, partire dal proprio Stato o Paese per recarsi in un altro Stato o Paese per cercarvi lavoro manuale od occupazione, specialmente laddove la minor densità della popolazione lascia più largo margine alla vita.
Varie sono le cause che provocano l’emigrazione: insufficienza dei mezzi locali di sussistenza, il miraggio di alti salari o persecuzioni politiche o religiose.
Queste cause sono comuni nell’emigrazione, cioè il trasferimento soprattutto per ragioni di lavoro sia verso altro Stato o verso un’altra regione dello stesso Stato.
Nell’età antica emigravano a volte interi popoli per vari motivi, come una prolungata siccità, la minaccia d’invasioni o la ricerca di terre fertili dove stabilirsi, spesso per motivi religiosi, come degli ebrei dell’intera Europa.
Nel secolo XIX l’emigrazione europea trovò come sbocco soprattutto il continente americano.
In Italia l’emigrazione ebbe inizio quasi alla fine del XIX secolo e in poco tempo assunse un ritmo impressionante fino a raggiungere la cifra di un milione di emigranti all’anno.
Le regioni più soggette a questo fenomeno furono quelle dell’Italia centro meridionale e il Veneto.
Meta degli emigranti erano l’America meridionale e settentrionale. Malgrado la diminuzione della nostra forza lavoro, l’emigrazione risultò benefica sia per controllare l’eccedenza demografica, sia perché molti emigrati dopo qualche anno facevano ritorno avendo raggiunto un benessere individuale.
Dopo la prima guerra mondiale le limitazioni poste da molti Stati fermarono il movimento emigratorio per oltre un ventennio.
L’emigrazione italiana del secondo dopoguerra è stata più rivolta verso i Paesi europei: Francia, Svizzera e Germania assumendo però carattere temporaneo e stagionale.
I fenomeni della vita in Italia sono le numerose emigrazioni dalle varie regioni meridionali verso le grandi città della Valle Padana, specie quelle del “triangolo industriale” e l’emigrazione dei contadini verso le città.
In Italia è riconosciuta al cittadino libertà di emigrare (art. 35 della Costituzione).
Di certo esiste la migrazione che applicata al genere umano rappresenta lo spostamento di masse.
Le migrazioni verso l’Italia da ogni parte del mondo avvengono volontariamente per una ricerca a volte deludente, di migliori condizioni ambientali che in tal caso si dicono “attive”.
Più particolarmente se causate da agenti esterni vengono dette “passive”.
Se non hanno una meta prefissa gli spostamenti migratori sono chiamati “nomadismo”.
La maggior parte delle migrazioni, come le attuali, consistono nella sola andata e non seguono un progetto preciso di vita.
Una volta arrivati clandestinamente, la delusione per la mancanza di un regolare lavoro può portare alla disperazione, a rivolte non giustificate, contro tutto e contro tutti a danno soprattutto della nazione accogliente che deve dimostrare umanità ma difendere i suoi interessi economici.

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